Esistono dei misteri, a volte troppi, riguardo alcuni delitti particolarmente controversi della cronaca italiana. Fra questi la morte di chi ha affrontato delle calunnie e si è avvicinato all’oscura signora con un fardello di colpe spesso non commesse. E’ il caso di don Juan Viroche, originario di Casal di Principe, in provincia di Caserta, ritrovato impiccato lo scorso 5 ottobre. Il religioso era attivo dal punto di vista della lotta contro la camorra, una missione che aveva assunto per proteggere la sua gente e che lo ha portato alla morte. Nonostante questo, in Argentina spunta un trafiletto in cui si parla di alcune minacce dirette a padre Juan Viroche ed attribuite all’ex fidanzata, oltre che allo zio della donna ed al fratello. Si fa strada quindi la pista sentimentale, più volte smentita dagli inquirenti, ma che in questi giorni ha trovato accoglienza nelle indagini del Comandante della Polizia e del giudice preposto alle indagini. Chi ha incontrato padre Juan, rifeeriscono i fedeli ad Agi, sa che non può essere così. Un’azione voluta per far dimenticare i veri colpevoli? Secondo i parrocchiani sì, soprattutto perché padre Juan Viroche “ha combattuto così duramente per i poveri e i tossicodpendenti” e proprio per questo non è possibile che si sia voluto togliere la vita. Non avrebbe fermato così la lotta, non avrebbe smesso di combattere. L’accusa di un amico della vittima è chiara: il vero colpevole in questo caso è il governo locale, che complice del traffico con i narcos, non ha alcun interesse a far emergere la verità. Tuttavia, non è il solo caso di cronaca dello stesso stampo. Monsignor Raffaele Nogaro, vescovo emerito di Caserta ed accusato negli anni ’90 di aver ucciso don Giuseppe Diana. In quei giorni, la caccia alle streghe porta i media locali a puntare il dito contro il religioso, accusandolo di affiliazione di stampo mafioso e di avere il “vizietto”. In particolare, si diceva, aveva intrattenuto un rapporto fisico con due donne nello stesso momento. “I preti non vanno con le donne”, risponde all’epoca il religioso. Ma le sue parole suonano vuote contro le pesanti accuse di traffico di armi e simili. E ancora, padre Fidenzio Volpi, il cappuccino di Roma che due anni prima aveva ricevuto da papa Francesco la nomina di Commissario. Il ssuo compito era di riportare ordine all’interno dei Francescani dell’Immacolata, un ordine fondato da padre Stefano Manelli ed al centro di pesanti accusse. In seguito, l’autopsia fatta su padre Volpi rileverà tracce anomale di arsenico sui peli della barba della vittima, prelevati dal rasoio elettrico che la nipote usava per raderlo durante il suo ultimo ricovero.