Dal punto di vista storico e della critica storica, non pochi problemi comporta la figura di sant’Agata: infatti, siamo solo in possesso di una tradizione agiografica che difficilmente ha riferimenti storicamente accertati. Comunque, secondo la tradizione, Agata — vergine e martire — sarebbe vissuta e avrebbe subito il martirio durante la persecuzione di Decio (249-251) o quella di Diocleziano (243-313). La sua vicenda pone da un lato una giovane Agata e dall’altro il governatore e persecutore Quinziano: questi aveva ogni intenzione di unirsi alla bella fanciulla, ma Agata volle mantenere illibato il corpo perché la sua verginità significava amare Gesù Cristo. Perciò il governatore la fece sottoporre a crudeli tormenti; uno di questi è ricorrente nell’iconografia di Agata e consiste nell’amputazione delle mammelle. Secondo la tradizione, san Pietro interviene miracolosamente per risanare la povera Agata, comunque destinata poi al martirio in nome di Gesù. Nel racconto agiografico compare ben presto la protezione da parte della santa a favore dei catanesi contro i pericoli del vicino Etna. “Se da un lato quanto ci è finora noto sulla martire giustifica le perplessità degli studiosi e i giudizi che sottolineano la mancanza di valore storico della tradizione agiografica, è dall’altro parimenti vero che il suo culto è precocemente attestato”, scrive il professore Carmelo Crimi. Infatti, il culto verso la santa di Catania si diffonde ben presto, insieme a quello rivolto ad un’altra grande martire siciliana, la siracusana santa Lucia: verso la fine del V secolo o nel VI secolo sono entrambe presenti sia nel rito romano che in quello ambrosiano, e papi come san Simmaco (498-514) e san Gregorio Magno (590-604) ne promossero ampiamente la devozione.



Memoria di sant’Agata, vergine e martire, che a Catania, ancora fanciulla, nell’imperversare della persecuzione conservò nel martirio illibato il corpo e integra la fede, offrendo la sua testimonianza per Cristo Signore.

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