Sul suicidio assistito di Dj Fabo interviene sull’Avvenire il presidente emerito della Consulta, Cesare Mirabelli, a cui viene chiesto un parere sul risvolto giuridico del caso di Fabiano Antoniani. E con argomentazioni completamente giuridiche pone un interessante contributo (autorevole) all’intera vicenda sollevata da questo triste caso. Massimo rispetto per le persone, per le loro famiglie e per il loro dolore, ma a chi reclama un ‘diritto’ all’eutanasia il presidente emerito della Corte Costituzionale obietta che, allo stato, non può essere previsto. «non esiste un diritto costituzionale alla morte. Questo non significa che la morte non possa sopraggiungere in rapporto alla mancata prestazione di trattamenti sanitari per i quali occorra il consenso della persona». A chi richiede che il medico possa eseguire in toto le volontà del paziente, chiunque esso sia e in qualunque stato versi, Mirabelli risponde: «L’attività del medico è, deve essere, orientata alla cura, al recupero della salute, al sollievo della sofferenza. Il medico, poi, è chiamato a esprimere un giudizio di proporzionalità tra gli interventi da effettuare e le reali prospettive di riuscita o di rischio degli stessi. A questo serve il consenso informato: evitare di assumere rischi eccedenti rispetto ai possibili benefici per il paziente. Tanto che, parliamoci chiaro, è nato più che altro come un presidio ‘difensivo’ per i medici». Secondo il professore infine, «la salute di ciascun cittadino è anche «interesse della collettività, ma la salute presuppone la vita. E questo è uno dei pochi casi» in cui la Carta definisce espressamente un diritto «fondamentale». Quanto alle Dat, il testo attuale rischia di fare del medico un mero esecutore di quello che potrebbe configurarsi come un abbandono terapeutico, fino a sfociare in suicidio assistito», conclude sull’Avvenire Mirabelli riguardo al caso dj Fabo e a tutti gli altri casi presenti in Italia molto simili.



Marco Cappato ora è ufficialmente indagato per l’aiuto al suicidio di Dj Fabo, il ragazzo morto in Svizzera due giorni fa accompagnato proprio dal tesoriere dell’Associazione Luca Coscioni nonché Presidente dei Radicali Italiani. Come riporta questa mattina l’avviso della Procura di Milano, «Cappato è indagato per aiuto al suicidio in relazione alla morte di Dj Fabo e a seguito dell’autodenuncia presentata martedì ai carabinieri. Il pm di Milano Tiziana Siciliano ha intenzione di interrogare l’esponente dei Radicali alla presenza di un legale». Nelle prossime settimane verranno dettati tempi e modi per le prime indagini ufficiali, ma intanto l’intento di Cappato di arrivare ad un possibile processo per “stanare lo Stato indifferente alla condizione di Fabiano Antoniani e di migliaia di altri casi più nascosti” vede la sua luce. Poche ora fa su Facebook lo stesso Cappato aveva scritto, «La BBC parla di Fabo. Noi oggi alle 14.20 siamo davanti a Montecitorio. Per chiedere tempi certi per una decisione almeno sul testamento biologico». Cappato ai Carabinieri ieri, dove si è presentato spontaneamente, ha raccontato tutto l’aiuto dato a Fabo, ma anche «l’auto che sto per dare ad altre due persone. Se non mi fermano».  



Una giornata intera di commenti, critiche, domande e a volte purtroppo anche giudizi affrettati: il caso di Dj Fabo e il suicidio assistito avvenuto in Svizzera ha risvegliato tantissime reazioni nella gente comune come nel mondo della politica, scatenando pensieri contrastanti riguardo temi capitali come dignità della vita, legislazione sul fine-vita, libertà umana e confine labilissimo tra accanimento terapeutico e diritto alla cura e mantenimento della vita umana. Ieri sera ha parlato una delle voci più autorevoli della Chiesa italiana il presidente della Cei in una intervista esclusiva al tg5, dopo una giornata in cui molte volte il giudizio dei cattolici e della Chiesa è stato tirato in ballo (a volte anche a sproposito). «È una sconfitta grave e dolorosa per tutta la società, per tutti noi perché la vita umana trae spunto, forza e valore anche dal fatto di vivere dentro delle relazioni di amore, di affetto, dove ognuno può ricevere e può donare amore. Fuori da questo è difficile per chiunque vivere, la solitudine uccide più di tutto il resto». È stato poi chiesto un parere particolare proprio al diritto legislativo all’eutanasia, dibattuto ancora in Parlamento nei prossimi mesi: «Ognuno di noi riceve la vita, non se la dà e questo è evidente e pertanto ne siamo dei servitori, dei ministri. responsabili, intelligenti, ma senza potere mai dominare la vita nostra e tanto più degli altri. Per qualunque normativa l’importante è partire dai principi giusti, soprattutto in concreto dalla visione giusta di chi è l’uomo nella sua grandissima dignità, responsabilità, ma soprattutto nel vivere la vita in completa relazione con gli altri». Per Bagnasco infine è stato chiesto come può un sacerdote, anche qualche, ad accompagna un disabile così grave verso la morte, e la risposta è chiara e allo stesso tempo assai docile: «Solamente Dio può raggiungere il cuore di ciascuno di noi, nessun altro così in profondità. E allora la prima forma di vicinanza è proprio quella della mia e della nostra preghiera. ma anche quella della parola, del sostegno, del contatto fisico di cui tutti abbiamo tanto bisogno».



Dopo la morte per suicidio assistito di Dj Fabo ora Marco Cappato, il membro dei Radicali che ha fino all’ultimo aiutato Fabiano Antoniani ad abbandonarsi alla “dolce morte” nella clinica in Svizzera ora rischia grosso proprio per reato di aiuto al suicidio. «Volevo ringraziare una persona che ha potuto sollevarmi da questo inferno di dolore, di dolore, di dolore. Questa persona si chiama Marco Cappato e lo ringrazierò fino alla morte. Grazie Marco. Grazie mille», sono le ultime parole diffuse di Dj Fabo che così ha ringraziato l’azione di vicinanza del politico radicale. Marco Cappato «rischia 12 anni di carcere», dice Filomena Gallo, segretario dell’associazione Luca Coscioni – ma l’ipotesi non è così scontata. Infatti il caso Welby vide alla fine il proscioglimento per l’anestesista che lo aiutò ad andarsene da questo mondo e il processo che potrebbe aprirsi rischia una lunga preparazione in cui potrebbe anche arrivare l’archiviazione. «Sul fatto che in Italia è considerato a occhi chiusi un reato quello che ha fatto Cappato, non c’è alcuna discussione – spiega un presidente di sezione in Tribunale ai colleghi del Gazzettino – ma rimane la circostanza che questa triste vicenda si è conclusa in un paese straniero che non considera punibile l’aiuto al suicidio e la più recente giurisprudenza della Cassazione, con una sentenza del 2002 del giudice Silvestri che è stato anche presidente della Consulta, ha detto che per processare in Italia chi ha commesso un reato fuori dai confini è necessario il requisito della ‘doppia incriminabilità’, ossia che quel reato sia considerato tale anche nello Stato dove è stato commesso». Cappato su Facebook ha annunciato che alle 14.45 andrà a consegnarsi ai carabinieri per l’aiuto al suicidio di Dj Fabo e commenta, «spero di potermi difendermi in un processo».