Il discorso pronunciato da Papa Francesco durante l’udienza generale di oggi, Mercoledì delle Ceneri, apre il cammino quaresimale. E’ stato preceduto dalla lettura del Libro dell’Esodo in cui Dio, vista la sofferenza del Suo popolo schiavo in Egitto, chiama Mosè e gli conferisce l’incarico di guidare gli Israeliti lungo il viaggio che li porterà fino alla Terra promessa, la Terra della libertà. Un viaggio che, sottolinea il Santo Padre, durò simbolicamente quarant’anni, il tempo di una generazione, raffigurando il viaggio terreno di ogni fedele chiamato ad attraversare il proprio deserto, per raggiungere anch’egli la Terra Promessa: la resurrezione anticipata da Cristo nella Pasqua che è culmine e meta della Quaresima. Quaresima, quindi, come viaggio di speranza e penitenza; una penitenza non sterile e fine a sè stessa, ma vissuta come momento fecondo di maturazione e condivisione delle sofferenze stesse di Cristo, come riflessione del cristiano sul mistero della salvezza ricevuta nel giorno del Battesimo.
Sono molteplici i parallelismi tra il viaggio degli Ebrei e quello del cristiano nel tempo della Quaresima. Se schiavi erano gli Israeliti in Egitto, altrettanto schiava è l’umanità oppressa dall’oscurità del peccato che paralizza, blocca l’anima nel suo anelito verso la luce della Verità; un tragitto travagliato e lungo come l’esodo dalla terra d’Egitto, durante il quale il popolo di Dio soffrì, cadde vittima di tentazioni vane e, dimenticando la fedeltà e l’amore dimostrati da Dio, lasciò vacillare la propria fede costruendo idoli d’oro, illusori come quelli moderni che stordiscono, disorientano e tentano di sostituirsi a Dio, rendendo sterile il cuore umano e deviando il suo viaggio dalla meta finale; e, ora come allora, l’uomo vive la tentazione di ”tornare indietro”, verso un luogo noto e, per questo, rassicurante, piuttosto che sopportare la fatica di un viaggio apparentemente diretto verso una meta ignota. Una un’esperienza che, ricorda Papa Francesco, ogni essere umano ha fatto.
Ma, continua, se allora guida del popolo eletto fu Mosè, nostra guida è Cristo, che ha preceduto tutti gli uomini attraversando il deserto prima di loro, vincendo le tentazioni del maligno in loro vece, compiendo il suo doloroso percorso verso la morte e la morte di croce: una scelta di libera donazione di sè stesso per elevare tutti gli uomini verso la luce. I cristiani però, pur consapevoli della gratuità del dono ricevuto e dell’immensità dell’amore fedele di Dio, non devono essere spettatori di questa salvezza entrando ”in carrozza” nel Regno dei Cieli mentre Cristo muore sulla croce. L’ammonimento del Papa è chiaro: se Cristo ci precede, noi dobbiamo impegnarci a superare le tentazioni del nostro deserto, a fare un vero cammino di conversione e di autentico rinnovamento; se Cristo è acqua viva, il cristiano deve essere preghiera e adorazione; se Cristo è luce, è dovere del fedele impegnarsi ad alimentare la fiamma della fede ricevuta nel giorno del Battesimo.
In questo modo la Quaresima diviene, prosegue il Santo Padre, ”segno sacramentale della nostra conversione” e percorso verso una piena libertà, da vivere quotidianamente nell’incontro con Dio e con i fratelli; un viaggio impegnativo ma pieno di speranza. Concetto, quello della speranza, che ritorna spesso nel discorso odierno del Papa e che è simboleggiato dall’atteggiamento della Vergine Maria: con il suo ”sì” aprì il cuore all’amore di Dio e si donò a Lui con fiducia infinita, che non cedette sotto i colpi del dolore per la morte in croce del suo Figlio amato. Come Maria anche il cristiano non deve rimanere disorientato dalle difficoltà e dalle contraddizioni della vita, ma nutrire attraverso queste la sua speranza, rendendola sempre più viva e salda, nella certezza che mai sarà abbandonato dall’amore fedele di Colui che, per salvare ciascuno, morì in croce. In questo senso, conclude Papa Francesco, l’esodo quaresimale è proprio il momento in cui la speranza viva ”si forma” e diventa salda.