Beppino Englaro il giorno della preghiera e ultimo saluto per Dj Fabo nella Chiesa di Milano, rilascia una intervista a Repubblica in cui raconta non solo il parallelo dei casi Eluana e Fabiano ma soprattutto a che punto secondo lui è arrivato il Paese nelle comprensione e gestione dell’aspetto giuridico, politico e sociale di una scelta come quella “scelta” da Eluana. «Eluana per rivendicare uno dei diritti sanciti dalla Costituzione, il rifiuto dell’offerta terapeutica, è stata intrappolata per 6233 giorni. Non è più ammissibile che accada di nuovo». Nell’intervista dei colleghi di Repubblica vengono ripercorsi tutti i passaggi di quella storia che ha segnato gli ultimi anni di cronaca, temi etici e questioni legati al fine-vita: dalla sua battaglia per ottenere il diritto di interrompere l’alimentazione e l’idratazione forzata della figlia Eluana, la giovane di Lecco rimasta in coma a soli 21 anni a seguito ad un incidente d’auto avvenuto nel 1992 e deceduta dopo 17 anni nella RSA La Quiete di Udine. Dopo un lungo e difficile iter giudiziario, nel 2008 la Corte d’Appello civile di Milano autorizzò Englaro, in qualità di tutore, a sospendere le terapie artificiali. L’interruzione iniziò il 6 febbraio del 2009 e portò alla morte della giovane dopo 3 giorni: il paese si spacca allora, come del resto avvenuto in questi giorni con il caso di Dj Fabo, anche se Englaro tende a riconoscere una differenza sostanziale. «Quando cominciai quella battaglia, 25 anni fa, c’era il deserto culturale su questo argomento, mi guardavano, ascoltavano come se fossi un pazzo – ricorda Englaro – Ora la situazione è cambiata come dalla notte al giorno, la gente ha molta più sensibilità su temi come l’eutanasia, l’autodeterminazione, il testamento biologico, i cittadini sono avanti, ma sono le istituzioni, è la legge, che tardano a dare risposte e si arriva a decisioni come quella del dj Fabo».
Beppino Englaro nell’intervista a Repubblica tende a specificare che la sua storia e quella della figlia sono ben diverse da questioni legate all’eutanasia: «Quella di Eluana non era una scelta di eutanasia, che era e resta a oggi un reato in Italia. Ma per l’autodeterminazione terapeutica. Che dopo la sua vicenda è stata riconosciuta come un diritto costituzionale fondamentale di ogni cittadino italiano: il diritto a non vedere altri, neppure i medici, disporre della propria volontà sui trattamenti sanitari, e senza dover tenere conto delle disposizioni che ognuno di noi può dare in proposito». Per il papà di Eluana le prime discussioni con i medici nel 1992 vertevano in questa direzione: «Fu come se avessimo detto loro, in pratica: ‘No grazie, lasciate che la morte accada’, non accanitevi a tenerla in vita. Mi presero per pazzo, per loro era inconcepibile quello che dicevo». Una storia difficile che anche in questi giorni con il caso dj Fabo rispunta in una diatriba non ancora superata tra chi intende tutelare la vita e che invece sceglie di appoggiare e permettere la scelta individuale anche di poter arrivare alla “dolce” morte. Beppino Englaro in un’altra intervista uscita ieri su Velvet Mag ha spiegato come la vita non può essere una condanna, “è libertà come ci ha insegnato il caso di Dj Fabo. «Non ho nulla contro l’eutanasia e la scelta di dj Fabo, prima o poi tutte le nazioni civili devono affrontare questo tema. E anche il nostro Parlamento dovrà dare delle risposte. Ci tengo però a sottolineare che il caso della mia Eluana è un’altra cosa. E io non voglio, come non ho voluto in passato, che la vicenda di mia figlia sia un cavallo di Troia strumentalizzato a vantaggio della lotta politica attorno all’eutanasia».