Ha cominciato lo sciopero della fame contro la sentenza che ha dichiarato adottabile suo figlio avuto da Alexander Boettcher, anche lui finito in carcere e per questo noti alle cronache come la “coppia dell’acido“. La giovane, condannata come esecutrice di aggressioni con l’acido, ha deciso di smettere di alimentarsi dal giorno successivo alla sentenza, cioè il 7 marzo. Lo ha annunciato il suo legale, Laura Cossar: «Dopo aver scritto al Ministro della Giustizia ed al Sommo Pontefice, smettere di alimentarsi resta l’unico mezzo rimasto a questa mamma, per dare voce, dal Carcere, al profondo dolore del distacco dal suo bambino». L’avvocato ha spiegato che Martina Levato ricorrerà alla Suprema Corte della Cassazione e alla Corte di Strasburgo «per la palese e grave violazione dei suoi diritti fondamentali di donna e di madre». L’ex studentessa bocconiana, condannata a 20 anni di reclusione in appello, ha confidato – come riportato da La Repubblica – a chi l’ha incontrata in carcere: «Senza mio figlio non ho ragioni per vivere. Io e il bambino siamo vittime di una grande ingiustizia». La difesa di Martina Levato ha sempre chiesto che la donna venisse trasferita all’Istituto di custodia attenuata per madri detenute (Icam) con il figlio di quasi due anni, ma per i giudici «non tiene conto del fatto che il bambino subirà per sempre il marchio di una famiglia così segnata da atroci violenze», come riportato dalle motivazioni della sentenza. La donna è stata arrestata in flagranza di reato il 28 dicembre 2014 dopo aver sfregiato in volto con l’acido Pietro Barbini, ex compagno di classe con cui aveva avuto un incontro sessuale. L’obiettivo dell’agguato era quello di “purificarsi” in visto del parto: all’epoca era già incinta. Martina Levato, che già nelle settimane scorse aveva dichiarato di non voler smettere di lottare per il figlio, è passata ai fatti e ha deciso quindi di protestare contro l’esito del procedimento in sede minorile che le ha negato la responsabilità genitoriale sul figlio. Nei mesi scorsi, invece, decine di carcerate hanno cominciato una raccolta di firme.



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