Novità importanti in merito alla strage di Ustica, uno dei casi di cronaca in Italia che continua a far discutere anche a distanza di 37 anni per tutta una serie di aspetti ancora oscuri. Tra i tanti, anche la morte di Mario Alberto Dettori, il radarista che fu trovato senza vita sette anni dopo, il cui decesso fu immediatamente archiviato come suicidio. Una pista alla quale la famiglia non ha mai creduto e così, a distanza di diversi anni, la procura di Grosseto ha disposto la riesumazione dei resti del maresciallo, testimone chiave nel caso della strage di Ustica, avvenuto lo scorso 16 febbraio. Il caso ora potrebbe essere riaperto e spazzare finalmente una serie di dubbi che la famiglia porta avanti sin dal giorno della morte di Dettori. Oltre ad essersi confidato con la moglie la stessa notte della tragedia, successivamente Dettori si confidò anche con l’ex capitano dell’aeronautica Mario Ciancarella. Quest’ultimo, come ricorda Repubblica.it, fu radiato dalle forze armate con un decreto firmato dall’allora presidente della Repubblica Sandro Pertini. Solo qualche mese fa, tuttavia, in merito a quella firma il Tribunale di Firenze l’ha definita falsa. A Ciancarella il radarista aveva confidato: “Siamo stati noi capitano, siamo stati noi a tirarlo giù”. Fu con quella frase che l’uomo firmò la sua condanna a morte?



Sono trascorsi quasi 37 anni dalla strage di Ustica, ma il mistero resta con l’aggiunta, anzi, di nuovi elementi. Si apre infatti un nuovo capitolo attorno al caso, in seguito alla decisione della Procura di Grosseto, di riesumare i resti del maresciallo Mario Alberto Dettori, il radarista in servizio alla base di Poggio Ballone la notte del 27 giugno 1980, ovvero in concomitanza con la sparizione dai radar dell’aereo Dc9 dell’Itavia. La riesumazione, come ha confermato la figlia Barbara a Repubblica.it, è avvenuta lo scorso 16 febbraio nel piccolo cimitero di Serpeto e forse potrebbe permettere di fare luce una volta per tutte sulla sua tragica morte, avvenuta sei anni dopo la strage di Ustica, quando il radarista Mario Alberto Dettori fu trovato impiccato sulla strada per Istia d’Ombrone, in Toscana. La sua morte fu bollata immediatamente come suicidio ed il caso fu chiuso ancor prima di aprirsi, al punto che non fu eseguita sul corpo dell’uomo neppure una autopsia che confermasse le cause del decesso. La famiglia di Dettori, tuttavia, sin da subito riscontrò un certo scetticismo non solo dietro il presunto gesto compiuto dal maresciallo ma soprattutto verso il modo alquanto frettoloso con il quale fu gestita la sua morte. La figlia Barbara all’epoca dei fatti aveva appena 16 anni, ma adesso, grazie anche all’aiuto dell’associazione antimafia Rita Atria, ha presentato in procura nuovi documenti inediti in grado di portare alla riapertura del caso. “Non abbiamo mai creduto al suicidio, mio padre non lo avrebbe mai fatto”, ha commentato la figlia che ora lotta affinché possa essere fatta luce sulla vicenda. All’epoca dei fatti, Mario Alberto Dettori era padre di tre bambini e, secondo Barbara, non avrebbe mai potuto compiere un gesto così estremo. “Noi siamo convinti che in quel posto non fosse solo. Vogliamo la verità”, ha aggiunto. In seguito alla riesumazione dei resti di Mario Alberto Dettori, saranno ora eseguite nuove analisi presso l’istituto di medicina legale di Siena e che potrebbero chiarire uno dei gialli dietro la strage di Ustica. Ricordiamo che il radarista era considerato uno dei testimoni chiave del caso sul Dc9 dell’Itavia e che portò alla morte di 81 persone. Ad alimentare i dubbi della famiglia Dettori, a partire dalla figlia, fu lo stato di terrore nel quale l’uomo era sprofondato dopo essere stato mandato per tre mesi a lavorare in base radar in Francia. “Tornò molto spaventato”, ha riferito Barbara. La notte che fece ritorno a casa, dopo la strage di Ustica, il radarista aveva confidato alla moglie: “Siamo stati a un passo dalla guerra”.

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