Ha scosso di nuovo le coscienze di tanti in Italia, con i “consueti” schieramenti subito in tensione tra i compresivi (tanti) i gesti di legittima difesa, e chi invece condanna (in minoranza) qualsiasi episodio di violenza anche se non voluta in prima battuta. Il problema della sicurezza e della difesa contro furti, rapine e aggressioni è uno dei temi più importanti ma anche divisivi del nostro Paese. il caso del ristoratore vicino a Lodi che ha affrontato uno dei malviventi che stavano rapinando il suo negozio è giunto in tragedia, con la morte di un ladro rumeno ucciso da colpo di fucile durante colluttazione tra i due. Il dolore della famiglia del malvivente e lo stesso dolore di Mario Cattaneo che nonostante si dica “ho fatto la cosa giusta” non riesce a perdonarsi fino in fondo di aver posto fine ad una vita umana. I colleghi del Quotidiano.net hanno raggiunto per parlare dell’argomento il Vescovo di Chioggia che, a sorpresa, ha preso una posizione di certo controversa: infatti da poco a Padova il tabaccaio che era accusato di omicidio volontario per aver ucciso un bandito scoperto a rubare nel suo negozio, è stato assolto in appello dopo la condanna in primo grado.
«Giustizia non è fatta perché uccidere non va bene: direi piuttosto che è stato compreso il contesto in cui è avvenuto il fatto: nel buio, una volta scovato un ladro a rubare nel proprio negozio, con la preoccupazione di proteggere la famiglia. Dietro il comportamento del commerciante ci sono il lavoro di un’esistenza, la professione, le prospettive, un complesso di cause che spingono a una reazione che non è quella di togliere la vita punto e basta. La Corte d’appello di Venezia non ha giustificato l’uccidere in ogni caso, quando ci si trova in una situazione di pericolo. Ha tenuto conto, invece, di una serie di fattori alla base di una determinata reazione che non sempre vanno definiti quale volontà di ammazzare indiscriminatamente», spiega il vescovo Adriano Tessarollo. Si lascia poi andare ad una considerazione certamente controversa a riguardo del fenomeno dell’immigrazione, mostrando un certo fastidio per il comportamento dello Stato in questione: «tar dietro a questo tipo di politiche richiede un forte impegno. Servono mezzi, personale, sostegno. Qui non sto ad accusare lo Stato. Certo che, accettando tutti nel nostro Paese, mi chiedo: abbiamo davvero il necessario per portare avanti un’integrazione che già di per sé non è facilissima? Non è che una persona cresciuta fino a 40 anni in uno Stato diverso dal nostro in un certo modo cambia atteggiamento dall’oggi al domani. Dobbiamo impegnarci tutti per l’integrazione, ma è un lavoro lungo e complicato».