Durante l’ultima udienza del processo sul delitto di Marco Vannini, l’argomento centrale è stato il quesito sulla possibilità di mettere in salvo il giovane se solo i Ciontoli avessero allertato subito i soccorsi. Per i consulenti della difesa, il 20enne di Cerveteri si sarebbe potuto salvare ed oggi sarebbe potuto essere qui con noi. Diverso il parere degli avvocati Andra Miroli e Pietro Messina i quali, come riporta Civonline.it, hanno avanzato alcune precisazioni importanti. A detta della difesa degli imputati, infatti, Marco Vannini si sarebbe potuto salvare “solo nell’eventualità che questi fosse arrivato sul tavolo operatorio entro 30 minuti dallo sparo”. Ciò, tuttavia, a detta dei due avvocati non si sarebbe potuto verificare neppure se Antonio Ciontoli avesse immediatamente detto la verità sullo sparo a scapito di Marco, esploso nella sua abitazione il 17 maggio 2015. “Giova precisare, infatti, che il sig. Ciontoli non aveva alcuna consapevolezza circa la gravità delle lesioni che avevano devastato internamente Marco”, hanno precisato ulteriormente i due legali. Anche nel caso in cui i Ciontoli avessero detto subito la verità, dunque, un intervento salvifico capace di salvare Marco Vannini non si sarebbe potuto avere prima di un’ora e mezza dalla chiamata dei soccorsi. A loro detta, dunque, il giovane sarebbe purtroppo morto a prescindere dalla tempestività della richiesta di aiuto.
Lo scorso lunedì si è svolta la settima udienza del processo per l’omicidio di Marco Vannini, il giovane 20enne di Cerveteri ucciso con un colpo di pistola nel maggio 2015, in casa della fidanzata Martina Ciontoli. L’ultimo appuntamento con la giustizia ha avuto un’importanza fondamentale in quanto si è valutato attraverso le deposizioni dei periti del pm e di parte se realmente il giovane si sarebbe potuto salvare se solo i Ciontoli avessero allertato prontamente i soccorsi. Una vicenda anomala sotto vari punti di vista, quella relativa al delitto di Marco Vannini e ribadito nelle passate ore anche dall’avvocato della famiglia della vittima, Celestino Gnazi, intervenuto nel corso di una diretta sul portale web Baraondanews.it. Il legale ha ripercorso in breve le tappe salienti dell’intero caso, ovvero dello sparo esploso contro Marco Vannini mentre si trovava in casa della fidanzata dal padre di quest’ultimo, Antonio Ciontoli, il ferimento, il ritardo nel chiamare i soccorsi, quindi la morte. Per l’omicidio volontario del 20enne è oggi a processo in Corte d’Assise l’intera famiglia Ciontoli, mentre Viola Giorgini, fidanzata del fratello di Martina, dovrà rispondere della sola accusa di omissione di soccorso. Nell’ultima udienza, per la prima volta la mamma di Marco Vannini, Marina, ha preferito lasciare momentaneamente l’aula ed evitare così la visione di immagini shock relative al drammatico ferimento dell’amato ed unico figlio. “L’udienza di lunedì è stata importante perché i medici della procura hanno confermato che Marco si poteva salvare”, ha commentato l’avvocato Gnazi, confermando come questo rappresenti di fatto l’elemento più importante ai fini processuali. Anche per tale ragione, ha spiegato il legale, si è deciso di rinunciare ai propri consulenti i quali non avrebbero potuto far altro che confermare quanto già emerso, ovvero che il giovane si sarebbe potuto salvare. La vicenda che ha visto protagonista, suo malgrado, il giovane di Cerveteri ha sconvolto l’Italia intera proprio per la particolarità del delitto: “Questa di Marco è una vicenda anomala, ci sono pochi precedenti simili”, ha aggiunto l’avvocato Gnazi. A sua detta, infatti, anche l’imputazione di omicidio volontario con dolo eventuale viene raramente contestata. Ma cosa significa esattamente questo? Come spiegato dal legale della vittima, vuol dire che presso i Ciontoli non ci era la diretta volontà ad uccidere ma, attraverso i loro comportamenti – “ritardare i soccorsi, nascondere o depistare le informazioni” – sebbene fossero consapevoli delle conseguenze, ovvero la morte, non hanno fatto nulla per impedirlo. “E questo è quello che è stato fatto al povero Marco. Lasciato morire pensando solamente a salvaguardare i propri interessi, il proprio posto di lavoro e la propria posizione economica”, ha tuonato Gnazi. L’intento del legale, anche in vista dell’annunciata volontà di deporre da parte di Antonio Ciontoli, continua ad essere quella di voler lottare ed andare avanti affinché la verità su quanto accaduto al povero Marco Vannini possa presto emergere, come lo spera la famiglia della giovane vittima e i numerosi italiani che continuano a seguire con viva partecipazione i vari appuntamenti con la giustizia.