Guai in vista per Michele Buoninconti, l’uomo condannato a 30 anni di reclusione per l’omicidio della moglie Elena Ceste. Per decisione della Corte di Cassazione, infatti, il vigile del fuoco dovrà rispondere dell’aggressione perpetrata ai danni di Davide Bertrand, cameraman della trasmissione Porta a Porta, nel novembre del 2014. Questo il racconto fatto dal malcapitato ai microfoni del programma condotto da Bruno Vespa:”Praticamente stavamo facendo delle riprese alla casa di Michele, poi dopo un po’ è arrivato lui, è sceso dalla macchina, ha iniziato ad inveirci contro e ci ha aggrediti fino a darci un ombrello contro la faccia, picchiandomi, buttandomi a terra, spaccando la nostra telecamera e adesso mi sto rendendo conto che poteva ammazzarci”. Un’aggressione inaspettata, quella di Michele Buoninconti, che alla luce della sentenza di condanna può essere letta come la conferma della natura violenta dell’uomo accusato di aver ucciso la povera Elena Ceste.



Nuovi guai in vista per Michele Buoninconti, l’ex vigile del fuoco di Asti condannato in primo e secondo grado a 30 anni di carcere per l’uccisione della moglie Elena Ceste. Stando a quanto reso noto dal settimanale specializzato in cronaca nera, Giallo, l’uomo dovrà presto fare i conti con la giustizia per alcuni fatti che risalgono al novembre 2014. Il riferimento è all’aggressione da parte di Michele Buoninconti ai danni di alcuni inviati della trasmissione di Rai 1, Porta a Porta, i quali si erano presentati fuori dalla villetta di Costigliole d’Asti con l’intento di intervistarlo. I giornalisti furono aggrediti dal presunto assassino di Elena Ceste con un ombrello, furono poi spinti a terra e presi a calci e pugni. L’uomo si accanì in modo particolare sul malcapitato cameramen, David Bertrand, il quale alle pagine del settimanale diretto da Andrea Biavardi ha raccontato: “Ci hanno aggrediti fino a colpirci al volto con un ombrello, picchiandomi, buttandomi a terra e spaccandoci la telecamera”. L’aggressione si placò solo in seguito all’arrivo delle Forze dell’ordine dopo essersi tristemente consumata sotto lo sguardo della figlia minore. Nonostante il cameramen abbia addirittura riportato la frattura di una costola, alla fine i giornalisti di Porta a Porta decisero di non denunciare il violento accaduto che provocò invece in Michele Buoninconti grande “soddisfazione” tanto da commentare con tono di scerno: “Si sono presi paura!”. Solo in questi giorni, la Corte di Cassazione ha preso una importante decisione proprio in riferimento al brutto episodio avvenuto a scapito dei due inviati del programma Rai. I giudici della suprema Corte, infatti, hanno stabilito che per quella aggressione è possibile procedere d’ufficio senza necessariamente attendere una querela di parte. Ciò significa che sarà automaticamente aperta una inchiesta e ci sarà dunque un possibile nuovo processo a carico del presunto killer di Elena Ceste anche se i giornalisti avevano deciso di non denunciare Michele Buoninconti. Quella ai giornalisti Rai, tuttavia, non è stata la sola aggressione realizzata dall’ex vigile del fuoco. Già in passato l’uomo aveva fatto chiaramente intendere, nelle interviste e nelle intercettazioni effettuate dagli inquirenti, la sua volontà a voler essere lasciato in pace. “Devono capirlo che io ormai sono imprevedibile”, dichiarava Buoninconti. Ed a finire nel mirino del presunto assassino di Elena Ceste, due mesi prima dell’aggressione ai danni dei giornalisti di Porta a porta, era stata anche la troupe del programma Mediaset, Pomeriggio 5. Anche in quel caso, avvenuto a pochi giorni dal ritrovamento dei resti della povera moglie uccisa, ad avere la peggio fu la telecamera ed il cameramen, rimasto ferito a un braccio. Michele aveva commentato l’accaduto asserendo di aver agito in quel modo in difesa dei figli. “Io li avevo avvisati, cosa volevano da me?”, aveva commentato successivamente alla prima aggressione. Per tale episodio di violenza, Michele Buoninconti è già stato processato e condannato a sei mesi di carcere per lesioni. Ora, l’uomo rischia altri mesi di prigione da aggiungere ai 30 anni per il reato più grave, l’uccisione della moglie Elena Ceste.

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