Una storia che ha dell’incredibile e che viene raccontata oggi al Corriere della Sera Veneto dopo i tanti commenti per il caso di eutanasia avvenuto con Dj Fabo in questi giorni. La storia arriva da Padova dove una piccola neonata nel 2015 muore in seguito a malattie troppo gravi nei primi giorni di vita, con il padre (ateo) che in lacrime è arrivato a staccare la spina per evitare inutili e continua sofferenze ad una bimba nata senza speranza di vita. «C’è una lettera che Papa Francesco tiene sul suo tavolo dal Natale 2015. Tutti i giorni prega per Loredana, la donna che gliel’ha mandata, e per la sua nipotina Sofia, volata in cielo quando aveva appena 40 giorni. Era nata senza speranza, condannata a morte da una malattia rara che impediva ai polmoni di espandersi. Il suo papà Alessandro non se l’è sentita di vederla tirare avanti per mesi intubata, trafitta da aghi e flebo, tra mille sofferenze, e ha staccato la spina. Quando ha capito che non c’era nulla da fare lui, ateo, ha cercato un prete cattolico, ha fatto battezzare la piccola e poi l’ha presa in braccio. L’ha cullata un’ultima volta e, tra le lacrime, ha spento i macchinari che la tenevano in vita», racconta al Corriere questa donna corraggiosa, cattolica, che si è trovata in crisi dopo quanto avvenuto alla sua famiglia, con il figlio Alessandro che assieme alla moglie Christel hanno passato momenti terribili. La lettera al papa, che risponde e invita tutti in Vaticano dove avviene qualcosa di straordinario: Papa Francesco quando li vede sorride, si avvicina, guarda le foto della piccola. Poi Alessandro sussurra qualcosa all’orecchio do Beroglio e lui lo abbraccia: «Vi sono vicino». «Mio figlio non ha voluto riferirmi tutto ciò che si sono detti, ma per lui è stato il primo momento di serenità dopo tanto dolore », racconta Loredana. in lacrime con la gioia in cuore per quanto però è accaduto in seguito. Dopo l’abbraccio del Papa, l’abbraccio della Chiesa e il “perdono” divino quella famiglia strizzata dalla perdita di Sofia, vede una nuova luce nascere: qualche mese dopo Christel resta incinta e lo scorso novembre, a un anno esatto dalla morte di Sofia, nasce un maschietto chiamato ovviamente Matteo Francesco.



Dopo aver staccato la spina, il padre ateo sente comunque un vuoto dentro, un dolore enorme per aver “posto” fine alla vita della piccola e amata figlia: un dolore grandissimo che però non impedisce di farsi convincere dalla famiglia di battezzare prima di staccare la spina quel piccolo corpicino martoriato. Racconta ancora Loredana, la madre di Alessandro, al Corriere: «Sofia aveva una malattia rara che impedisce all’organismo di produrre la proteina in grado di far espandere i polmoni. Non si può curare, l’unico trattamento poteva essere il trapianto di polmosi, che avrebbe dovuto affront a re a un mese di vita a Philadelphia. Ma non ci è mai arrivata. Mio figlio, d’accordo con me, si è assunto la responsabilità dell’unico gesto possibile, altrimenti la piccola sarebbe stata attaccata al respiratore due mesi, per poi morire d’infezione. Che senso aveva prolungarne le sofferenze?». E così una notte di novembre a casa di Loredana arriva una telefonata. E’ Alessandro: «Mamma, è tutto finito». «Hai fatto quello che era giusto», risponde lei. Ma è disperata. E sfoga tutto il suo dolore nella lettera al Papa. Gli narra la storia di Sofia, gli dice che «è venuta al mondo con la missione precisa di convertire il padre e far battezzare la sorella Angela », gli confida il dolore straziante di tutti i genitori che vivono lo stesso dramma. Gli chiede di ricevere il figlio e la nuora. Siamo ormai sotto Natale 2015. Qui parte ancora il racconto di Loredana: «quindici giorni arriva la telefonata della Santa Sede. Era la suora tedesca che assisteva Ratzinger e che è rimasta nella segreteria dell’attuale Pontefice mi ha detto che Papa Francesco aveva letto la mia lettera e che era pronto a riceverci. Ha capito la nostra tragedia e non ci ha giudicati». Il 24 maggio 2016 Loredana, Alessandro, Christel e Angela sono in Vaticano e quel perdono ha per sempre forse cambiato le loro vite.

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