Oggi è la giornata mondiale della felicità 2017, quella giornata decisa dalle organizzazioni mondiali per provare a riflettere su quali siano i criteri e le aspettative per una vita migliore; nel rapporto presentato oggi in tutto il mondo dal World Happiness Report 2017, si legge anche una sorta di mega classifica mondiale sui Paesi in ordine di grado per quanto riguarda la felicità dei rispettivi cittadini.  La top ten, non lo credereste mai, non vede l’Italia (ma neanche le 3 successive sequenze) in pole position bensì celebra la vita “buona” dei Paesi scandinavi o comunque del nord mondiale. Norvegia, Danimarca, Islanda, Svizzera, Finlandia, Paesi Bassi, Canada, Nuova Zelanda, Australia e Svezia: un top che non vede gli Stati Uniti d’America (14esimi), il Regno Unito al 19esimo posto e la Francia al 31esimo. L’Italia arriva molto dopo, battendo solo la Russia tra le big mondiali, al 48esimo spazio nella classifica dei Paesi più felici. Ma quali sono i criteri con cui vengono stilate queste classifiche? In una sorta di incrocio tra sei fattori specifici si trova la risposta; «prodotto interno lordo pro capite, la speranza di vita, la libertà, la generosità, il sostegno sociale e l’assenza di corruzione nel governo o per affari», vengono espressi nella premessa del report. Siamo sulla strada giusta? Non esattamente, anche se non possiamo certo affidare tutti i progetti o i sogni spezzati di un Paese in difficoltà ad una classifica stilata da un incrocio di sei fattori macro-iper-generali.



Per la giornata mondiale della felicità che si celebra oggi in tutto il mondo, l’agenzia Adnkronos ha deciso di chiedere alla psicoterapeuta e presidente dell’Eurodap, Paola Vinciguerra, di stilare una sorta di auto-test per potersi misurare con i criteri “reali” e utili per stabilire quanto e se siamo davvero felici. Per l’esperta, «La felicità è uno stato emotivo che non si può raggiungere ottenendo risposte positive, complimenti, gratificazioni o raggiungimento di mete». No solo, amare se stessi, non condannare i nostri limiti ma apprezzare l’amore che riceviamo e che siamo in grado di scambiare tra le varie persone «è il modo di vivere felici», conclude la Vinciguerra lanciando il test autovalutativo. Si va dal primo pensiero quando ci si sveglia la mattina,  fino alle soddisfazioni della vita attuale (divertenti le “ciniche” risposte degli italiani); hobby, risorse preziose e stato d’animo. Rispondendo a queste domande si dovrebbe delirare quanto uno possa dirsi felice appieno in questa realtà 3.0, con l’affondo dato dalle domande sui rapporti d’amori finiti (e come li affrontiamo), sulle difficoltà economiche e gli obiettivi raggiunti. Uno schema, composto bene e con una premessa comune interessante sulla necessità di non “chiudere” il problema della felicità ad un solo fattore; ma resta uno schema, un test che può arrivare fino ad un certo punto, specie nelle risposte. Energico, riflessivo e pigro: possono tre macro “banalizzazioni” per poterci dire se effettivamente noi siamo felici nella nostra vita? Forse il primato dell’esperienza resta ancora la chiave migliore, quel “test” infallibile perché ci racconta sempre, momento dopo momento, senza domande preconfezionate, cosa desidera il nostro cuore e quali drammi è chiamato ad affrontare. 

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