, la 14enne di Fasano bruciata viva perché non voleva prostituirsi, è l’emblema della lotta alla violenza contro le donne. La sua storia processuale è stata controversa: per il suo omicidio non è stato, infatti, condannato nessuno. La ragazzina, però, riuscì a fare i nomi dei suoi aggressori prima di perdere conoscenza e dare il suo ultimo respiro. La tragedia si è consumata l’11 novembre 1981: trovata dal fratello Antonio mentre il suo corpo bruciava ancora, Palmina fu trasportata presso il Centro Grandi Ustionati del policlinico di Bari, dove con un filo di voce svelò l’identità di chi appiccò le fiamme e che volevano farla prostituire. Le sue ultime dichiarazioni furono rilasciate alla presenza del pm Nicola Magrone e del responsabile del centro, il dottor Tommaso Fiore. Quelle parole furono trascritte a verbale e registrate su nastro magnetico. Venne trovato un biglietto d’addio, che avrebbe dovuto accreditare l’ipotesi del suicidio, ma il perito grafologico lo definì opera di almeno due persone. La tesi fu smontata anche dal medico legale incaricato dalla sorella di Palmina, Giacomina: la ragazza si stava proteggendo il volto con le mani quando fu avvolta dalle fiamme. Il caso, archiviato nel 2015, fu impugnato dalla sorella della vittima davanti alla Corte di Cassazione, che ha disposto nuove indagini. A 36 anni di distanza da quella tragedia, si prova a chiudere quello che potrebbe essere considerato uno dei primi casi di femminicidio in cui la vittima viene trasformata da calunniatrice a martire. Alla ragazzina è stato intitolato il primo premio di un concorso cinematoriale indetto dalla questura di Brindisi e dalla Polizia di Stato. Alla cerimonia ha partecipato il prefetto Franco Gabrielli, secondo cui c’è ancora molta strada da fare nella lotta contro la violenza di genere: «Iniziative come queste servono a riproporre il tema della violenza di genere, la violenza sulle donne, proprio quella che molto spesso si consuma all’interno delle mura domestiche e che credo che una società civile debba sempre più marginalizzare attraverso la consapevolezza, il processo culturale che con manifestazioni come quelle di oggi si favorisce», riporta Quotidiano di Puglia.



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