Le Scritture insegnano a porgere l’altra guancia quando si subisce un sopruso ed è proprio quello che ha deciso di fare un imprenditore cuneese che nei giorni scorsi è stato rapinato e picchiato insieme alla sua famiglia da dei malviventi nella villa dove vive. Antonio Bertolotto, imprenditore 63enne di Vignolo, paese di 2500 abitanti a pochi chilometri da Cuneo, è il presidente della Marco Polo, azienda internazionale nel settore della green economy. L’imprenditore però non cerca vendetta, rivuole solo un orologio regalato dalla moglie che è pronto a pagare il doppio di quanto offerto dal ricettatore e le scuse per la moglie e la figlia, perché “le donne non si toccano”. In cambio, è pronto ad offrire ai criminali la possibilità di cambiare vita. Sulle pagine de La Stampa racconta così la rapina: “Un incubo che non auguro al peggiore dei nemici. Finita cena, mia moglie Noris e mia figlia Alessia escono a fumare una sigaretta, io resto in cucina a sparecchiare. Appena uscite, tre uomini incappucciati le prendono a pugni in faccia e le scaraventano in casa. Le sento urlare e, in pochi istanti, mi ritrovo uno degli uomini che punta un cacciavite e minaccia di infilzarmi. Parlavano italiano, ma erano stranieri”. Dopo essere stato picchiato, Bertolotto ha consegnato la refurtiva composta dall’orologio e da 600 euro in contanti. A chiamare le forze dell’ordine è stato il figlio più giovane, Lorenzo, che si è chiuso nella sua camera e ha dato l’allarme, come racconta l’imprenditore: “Hanno preso a calci la porta per sfondarla, non ce l’hanno fatta Una fortuna, e forse ha scombussolato i piani: credo volessero sequestrarci tutta la notte e non so come sarebbe finita. Poi l’arrivo dei carabinieri, che sono stati straordinari”. Se i malviventi si costituiranno e seguiranno le sue condizioni, Bertolotto non offrirà loro solo il suo perdono ma anche un lavoro nella sua azienda per un anno: “Se faranno quello che ho chiesto non ci costituiremo parte civile e sono pronto ad assumerli per un anno nella mia azienda. Li invito proprio a costituirsi e andare a processo. Tanto in carcere, con le leggi italiane, resteranno ben poco. Quando usciranno, un posto per loro ci sarà. Sono molto credente. Ho riflettuto a lungo e deciso di perdonare. Violenza genera soltanto violenza. Sono uomini disgraziati, immigrati, diventati banditi in un Paese dove il sistema di accoglienza non funziona. Voglio dare un segnale con una proposta di lavoro, aiutandoli a integrarsi anche con un corso di ‘civica vita’. La fratellanza è basata sulla fiducia. Per costruirla, bisogna attuare un programma di sviluppo vero”.