In queste ore si rincorrono notizie e mezze notizie non esattamente realistiche sul caso di Dj Fabo: venerdì, come confermato dalla famiglia del ragazzo morto suicida in Svizzera presso la clinica Dignitas, ci sarà un momento di preghiera e veglia a Milano nella parrocchia di Sant’Ildefonso, con il prete amico di famiglia Don Antonio Suighi che officerà il gesto semplice e raccolto, un invito a famigliari e amici stessi. Primo punto da chiarire, non si tratta di funerali, bensì di un momento di preghiera: eppure in queste ore è tutto un rincorrersi a titoli ad effetto “funerali per Dj Fabo, la Chiesa apre finalmente” e questioni simili. La Chiesa di Milano, sentito il parroco direttamente coinvolto e amico della famiglia di Fabiano Antoniani, ha confermato questa mattina in una intervista alla Stampa del portavoce del Cardinal Scola come la scelta sia caduta per una esplicita richiesta della madre. «La Chiesa e la parrocchia esprime il desiderio di quella comunità cristiana di essere vicina a questa madre che ha perso un figlio e a tutti coloro che sinceramente soffrono per la sua morte. E insieme pregare per il defunto. Basta leggere i giornali e le notizie che sono seguite a quella morte per rendersene conto. Basta guardare anche a come reagiscono alcuni alla notizia di questo momento di preghiera, come se si trattasse di qualcosa di nuovo o di rivoluzionario. Non sono funerali e non è nemmeno una messa di suffragio, ma è la risposta positiva a una richiesta esplicita della mamma di Fabiano. Sarebbe triste se si speculasse su un gesto di compassione cristiana e di preghiera», riporta Don Davide Milani ai colleghi della Stampa. Si è cercato dunque di porre un freno alle tante voci che stavano sorgendo sia pro sia contro la scelta della Chiesa, in apparente contrordine rispetto ad altri casi del passato, tipo Piergiorgio Welby ma non solo. Per la Chiesa Cattolica, in quanto al diritto canonico ufficiale, il suicidio resta comunque un “delitto” gravissimo. «È contrario all’amore del Dio vivente e rappresenta un’offesa all’amore del prossimo, perché spezza ingiustamente i legami di solidarietà con la società familiare, nazionale e umana, nei confronti delle quali abbiamo degli obblighi. Se è commesso con l’intenzione che serva da esempio, soprattutto per i giovani, il suicidio si carica anche della gravità dello scandalo». Inoltre, “la cooperazione volontaria al suicidio è contraria alla legge morale”, come si legge nel Catechismo della Chiesa Cattolica, datato 1992 e ancora pienamente in vigore. Che però qualche rigo più avanti aggiunge: “gravi disturbi psichici, l’angoscia o il timore grave della prova, della sofferenza o della tortura possono attenuare la responsabilità del suicida. 



Non ci saranno funerali per Dj Fabo visto che la famiglia non li ha voluti, come ha ricordato la madre ieri «non erano nelle corde di Fabiano, abbiamo preferito una veglia di preghiera per lui». In tanti però si sono espressi in queste ore contrari alla possibile scelta di ficcare funerali per un ragazzo che è morto con lucidità e consapevolezza di fronte alla scelta di suicidarsi nella clinica svizzera. Sui social e sul web molti fedeli cristiani non vedevano di buon occhio la scelta possibile di un funerale per Dj Fabo, come tra l’altro avevano erroneamente riportato alcuni giornali. Di contro, parlando a Roma ancora sul caso del ragazzo morto suicida, Marco Cappato aveva riaperto la polemica: «La Chiesa ha aperto le porte a Dj Fabo perché non ha più la pretesa di trasformare la dottrina cattolica in legge dello Stato. La dottrina della Chiesa non è certamente cambiata da quando furono negati i funerali a Piergiorgio Welby ma rispetto alla linea imposta dal cardinale Ruini ci sono state delle novità. Adesso, i parlamentari che si oppongono a certe tematiche in Parlamento, Parlamento, chi è ‘più papista del Papa’ lo fa solo di propria iniziativa». Con lui, anche la moglie di Welby ha voluto commentare la scelta della Chiesa di Milano per Dj Fabo: «Ringrazio tutti coloro che, all’interno della Chiesa, hanno mostrato compassione e comprensione per la scelta dell’uomo che ha lottato per il diritto di scegliere come morire». La Welby, co-presidente dell’associazione Luca Coscioni che ha accompagnato l’ultimo viaggio di Fabo in Svizzera, loda la scelta della Chiesa, anche se forse travisando il messaggio che qui sopra abbiamo messo per intero della stessa curia di Milano. «A Piergiorgio fu negato il funerale religioso. Mio marito aveva chiesto l’eutanasia e, anche se lui riuscì a ottenere l’interruzione delle terapie nel pieno rispetto del diritto e della Costituzione, io aggiunge non riuscii a ricevere la comprensione della Chiesa alla quale avevo chiesto la cerimonia religiosa. Oggi invece molti illustri rappresentanti della Chiesa hanno espresso la propria compassione e comprensione per il dolore di Fabo e a nome mio e dell’Associazione Luca Coscioni non posso che porgere un sincero e profondo ringraziamento per questa apertura che porta con sé un grande valore di umanità e progressismo». Di fronte alla richiesta esplicita, Don Milani nella sua intervista di oggi a La Stampa ha voluto spiegare meglio: «Il giudizio che esprime la Chiesa con questo gesto di preghiera è di affidare Fabiano alla misericordia di Dio, come fa sempre con tutti i defunti. Ma la posizione della Chiesa sull’eutanasia e il fine vita non cambia». A sostegno di Don Milani, giorni fa anche l’intervento del vescovo ausiliario di Milano, Paolo Martinelli, ha provato a dare una chiave di volta ancora più profonda spiegando quale sia davvero il ruolo della Chiesa di Cristo in casi drammatici come quello di Fabo: «Il cuore dell’uomo è davvero un abisso di mistero. Ciò che, invece, mette profondamente a disagio è la strumentalizzazione di un tale dramma umano per diffondere sostanzialmente una cultura di morte. Il desiderio di “farla finita” in situazioni psichiche e fisiche così compromesse è innanzitutto esigenza radicale di senso, è domanda di significato del vivere. Questo è il rischio più grande del nostro tempo: è la perdita del senso e del gusto del vivere. Si dovrà giustamente continuare a discutere in modo adeguato, senza indebite pressioni emotive, sul testamento biologico e sul fine vita, approfondendo quella sapiente via media che rifiuta sia l’accanimento terapeutico, sia l’eutanasia. Si tratta di assecondare la realtà accompagnando la persona in una appropriata relazione di cura nel suo percorso di vita», scrive Martinelli sul sito della Diocesi di Milano. (Niccolò Magnani)

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