In un articolo apparsi di recente sul portale della Diocesi di Milano, si torna sul caso Dj Fabo proprio in quella comunità dove tra qualche giorno verrà ricordato in un momento di preghiera (vedi qui sotto) il dk morto per suicidio assistito in Svizzera. A parlare è il vescovo ausiliario di Milano, Paolo Martinelli, che prova a dare una chiave di lettura diversa dalla media vista in questi lunghi giorni prima e post evento traumatico della scomparsa di Fabo. «La vicenda triste di DJ Fabo invita a riflettere su una questione radicale che riguarda tutti. ci deve essere profondo rispetto. Giustamente è stato detto che quando una persona decide di non vivere più siamo tutti, in un certo senso, sconfitti. Dunque, compassione e vicinanza nella preghiera per lui, per i suoi familiari, e per chi gli ha voluto bene». Il vescovo entra poi nelle viscere del problema, sempre con profondo rispetto ma anche tendano di dare una lettura più approfondita: «Il cuore dell’uomo è davvero un abisso di mistero. Ciò che, invece, mette profondamente a disagio è la strumentalizzazione di un tale dramma umano per diffondere sostanzialmente una cultura di morte. Il desiderio di “farla finita” in situazioni psichiche e fisiche così compromesse è innanzitutto esigenza radicale di senso, è domanda di significato del vivere. Questo è il rischio più grande del nostro tempo: è la perdita del senso e del gusto del vivere. Si dovrà giustamente continuare a discutere in modo adeguato, senza indebite pressioni emotive, sul testamento biologico e sul fine vita, approfondendo quella sapiente via media che rifiuta sia l’accanimento terapeutico, sia l’eutanasia. Si tratta di assecondare la realtà accompagnando la persona in una appropriata relazione di cura nel suo percorso di vita». Secondo Martinelli, il caso di Dj Fabo ricorda a tutti come il dramma della disabilità sia una condizione gravissima e al tempo stesso una cartina tornasole di cosa può essere ad ogni grado e modo la dignità di una persona. La chiusura riguarda “il senso ultimo” che può dirci una vicenda come questa: «impossibile non arrivare alle questioni ultimative, al tema del senso della sofferenza e della speranza. È vero che la fede cristiana non ha e non vuole dare una risposta concettuale al tema del dolore. Tuttavia afferma radicalmente il senso, la direzione e il significato che ogni vita umana possiede per il fatto stesso di esistere. Ciascuno è “in relazione” e posto dentro il misterioso disegno buono del Padre. Esistere è essere voluti. Il nostro è un Dio che si è sporcato le mani con la sofferenza, l’angoscia e la morte. La risposta non sta in parole di spiegazione, ma in una presenza che ama, fino alla fine». Una morte che non è liberazione dal corpo ma è un «Gesù dona il suo corpo per amore (Eucaristia). Il suo corpo risorto porta le piaghe della passione, diventate ora segni di vittoria».
Non saranno funerali ma un semplice momento di preghiera in Chiesa a Milano: l’ultimo saluto a Dj Fabo verrà svolto venerdì prossimo nella parrocchia di Sant’Ildefonso, con il prete amico di famiglia Don Antonio Suighi che officerà il gesto semplice e raccolto, un invito a famigliari e amici stessi. La Curia dopo e la madre di Fabiano prima hanno spiegato il perché di un momento così e non di una messa a suffragio o di un funerale: «Il parroco di Sant’Ideldefonso ha incontrato la mamma di Fabiano e ha accolto il suo desiderio di vivere un momento di preghiera a suffragio del figlio», ha spiegato don Davide Milani, responsabile dell’Ufficio Comunicazioni Sociali dell’Arcidiocesi di Milano. In una intervista oggi a La Stampa lo stesso Don Milani ha spiegato perché la Chiesa ha acconsentito alla richiesta della famiglia, che non voleva una messa per Dj Fabo visto che “non era nelle corde del dj giramondo”, ricorda la mamma. «La Chiesa e la parrocchia esprime il desiderio di quella comunità cristiana di essere vicina a questa madre che ha perso un figlio e a tutti coloro che sinceramente soffrono per la sua morte. E insieme pregare per il defunto». Quando viene chiesto a Don Milani se sia un fatto nuovo e rivoluzionario quello scelto in questi ultimi tempi dalla Chiesa, il collaboratore di Cardinal Scola replica, «No, da sempre la Chiesa prega per i defunti. La commemorazione dei fedeli defunti è uno dei momenti nei quali le chiese si riempiono maggiormente, segno di come questo legame con chi non c’è più interpella e interroga tutti». Scola si dice d’accordo e ha condiviso la scelta del parroco, al di là di ogni strumentalizzazione che può essere fatta, purtroppo; «Basta leggere i giornali e le notizie che sono seguite a quella morte per rendersene conto. Basta guardare anche a come reagiscono alcuni alla notizia di questo momento di preghiera, come se si trattasse di qualcosa di nuovo o di rivoluzionario. Non sono funerali e non è nemmeno una messa di suffragio, ma è la risposta positiva a una richiesta esplicita della mamma di Fabiano. Sarebbe triste se si speculasse su un gesto di compassione cristiana e di preghiera».
Non sono funerali quelli per Dj Fabo, eppure la moglie di Piergiorgio Welby di fronte alla scelta della Chiesa di Milano di trovare un momento di preghiera e ricordo a suffragio di Fabiano Antoniani, ha visto con positività quanto invece non era capitato a suo marito. «Rngrazio tutti coloro che, all’interno della Chiesa, hanno mostrato compassione e comprensione per la scelta dell’uomo che ha lottato per il diritto di scegliere come morire». La Welby, co-presidente dell’associazione Luca Coscioni che ha accompagnato l’ultimo viaggio di Fabo in Svizzera, loda la scelta della Chiesa, anche se forse travisando il messaggio che qui sopra abbiamo messo per intero della stessa curia di Milano. «A Piergiorgio fu negato il funerale religioso. Mio marito aveva chiesto l’eutanasia e, anche se lui riuscì a ottenere l’interruzione delle terapie nel pieno rispetto del diritto e della Costituzione, io aggiunge non riuscii a ricevere la comprensione della Chiesa alla quale avevo chiesto la cerimonia religiosa. Oggi invece molti illustri rappresentanti della Chiesa hanno espresso la propria compassione e comprensione per il dolore di Fabo e a nome mio e dell’Associazione Luca Coscioni non posso che porgere un sincero e profondo ringraziamento per questa apertura che porta con sé un grande valore di umanità e progressismo». Di fronte alla richiesta esplicita, Don Milani nella sua intervista di oggi a La Stampa ha voluto spiegare meglio: «Il giudizio che esprime la Chiesa con questo gesto di preghiera è di affidare Fabiano alla misericordia di Dio, come fa sempre con tutti i defunti. Ma la posizione della Chiesa sull’eutanasia e il fine vita non cambia». (Niccolò Magnani)