Ci si può realmente pentire di essere madri? A sorpresa e contro ogni aspettativa, alcune donne hanno trovato il coraggio di dire la verità. E’ il caso di 23 madri pentite che con la loro testimonianza sono diventate le protagoniste di un saggio scritto dalla sociologa Orna Donath e dal titolo “Regretting Motherhood”. Letteralmente “Deplorando la maternità”, il libro uscito la scorsa primavera ha fatto rapidamente il giro del mondo accendendo il dibattito su testate importanti e talk televisivi. Il lavoro della sociologa si è basato su lunghe interviste a 23 donne e madri (sebbene la stessa autrice abbia ammesso in una intervista a D di Repubblica di aver raccolto i “disagi” di molte più donne), unite dal medesimo sentimento. Ad esprimere bene il concetto è la dichiarazione di una di loro, la 38enne Doreen, divorziata e madre di tre figli (come la gran parte del campione in esame), la quale ha ammesso senza remore: “Rinuncerei a loro. Senza battere ciglio. Ed è difficile per me dirlo, perché li amo immensamente”. La rinuncia, dunque, che sottende al tempo stesso anche un immenso amore. Eppure, le polemiche sono state corpose in ogni parte del mondo nella quale è giunto il saggio di Orna Donath, la quale sottolinea l’enorme fatica da parte della società, “ad accettare questa dissacrazione del mito materno”.



Il libro Regretting motherhood, da poco tempo tradotto anche in Italia (“Pentirsi di essere madri. Storie di donne che tornerebbero indietro. Sociologia di un tabù”), racchiude un mondo parallelo, da sempre esistito sebbene fino ad oggi sia stato definito un tabù, abitato da madri pentite. Alla domanda “Vorresti ancora diventare madre?”, tutte le donne intervistate sono concordi nel replicare con un secco “No”. Sono tante le testimonianze raccolte e che oggi aprono un dibattito da sempre tenuto sopito, a partire dalla storia di Atalya, che alla luce delle esperienze collezionate negli anni, oggi è pronta a dire con estrema certezza: “Se potessi tornare indietro ovviamente non avrei figli”. Poi c’è la 57enne Tirtza, divorziata, con due figlie e già nonna. Per lei la maternità era considerata un passo naturale da compiere dopo il matrimonio. Eppure, come le altre donne intervistate, non nasconde di far parte anche lei della schiera di madri pentite: “Ogni volta che parlo con i miei amici dico che con il senno di poi non avrei fatto neanche un quarto di un bambino”. Per Tirtza non è solo un mero pentimento, un rammarico, ma addirittura uno sbaglio al quale oggi è impossibile porre rimedio.



Amo i miei figli ma non li rivorrei: è questo il concetto alla base delle testimonianze delle 23 donne intervistate dalla sociologa e ricercatrice della Ben Gurion University. E’ forse una folle incoerenza parlare di pentimento ma usare la parola amore nella medesima frase? A detta di Orna Donath non sarebbe proprio così, ribadendo la forte ricorrenza di questo sentimento tra le madri pentite da lei intervistate. A spiegarlo è stata anche Charlotte, 44enne, mamma divorziata di due bambini, senza nascondere la grande complicazione dietro il suo evidente disagio: “Mi pento di essere diventata madre, ma non di loro, di chi sono, della loro personalità. Li amo”. Ed ecco il paradosso: pentirsi di aver avuto dei figli, ma non smettere di amare i propri figli. “Se non mi piacessero, non vorrei che esistessero. Ma io voglio che loro ci siano, solo non vorrei essere la loro madre”, ha spiegato l’intervistata. C’è poi chi come Odelya, 26 anni, sapeva di non volere dei bambini e, dopo essere diventata madre, ha avuto la conferma di quanto ciò abbia portato a rinunciare alla sua vita, e chi, come la 30enne Achinoam, sognava la gravidanza ma solo prima di viverla. Successivamente ecco sopraggiunto il pentimento che ha accomunato tutte le intervistate. E che inevitabilmente ha aperto ad un dibattito probabilmente sempre esistito ma mai venuto alla luce.

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