Sono terminati, tra la commozione generale, i funerali di Emanuele Morganti, vittima del branco a soli 20 anni in quel di Alatri ai quali hanno preso parte oltre 10mila persona. All’interno della Chiesa Maria Santissima Regina di Tecchiena Castello le parole più attese erano quelle della signora Lucia, la mamma di Emanuele, che per raccontare la vicenda del figlio pestato a morte ha preso in prestito la parabola del buon samaritano. Come riportato da Today.it, la madre della vittima ha tuonato:”Emanuele non ha incontrato nessun buon samaritano”, sottolineando come nessuno gli abbia prestato soccorso in una notte pervasa di follia omicida. Toccanti anche le parole del vescovo di Anagni-Alatri, monsignor Lorenzo Loppa, che ha presieduto il rito funebre e ha definito quella subita da Emanuele una “ferocia disumana, barbara e spietata”. Straziata dal dolore anche la sorella Melissa che, come riportato da La Repubblica, ha detto:””Ciò che hai lasciato in noi non potrà essere cancellato neppure dal più vile degli assassini, come quelli che ti hanno portato via”. (aggiornamento di Dario D’Angelo)



L’ultimo addio di amici e parenti a Emanuele Morganti, il giovane ucciso durante un pestaggio fuori da una discoteca di Alatri. «Quella che si è abbattuta su Emanuele è stata una ferocia disumana, barbara e spietata», così è cominciata l’omelia di Lorenzo Loppa, il vescovo di Anagni-Alatri, ai funerali del ragazzo massacrato nella notte tra venerdì e sabato. Gremita all’inverosimile la chiesa di Tecchiena-Castello: migliaia di persone sono presenti ai funerali del 20enne assassinato di botte. Molte persone sono state costrette a restare fuori e ad ascoltare l’omelia dagli altoparlanti: «Tutti si staranno chiedendo dov’eri Signore quando Emanuele veniva pestato? Il Signore risponde, ero in quel corpo martoriato, morivo lì un’altra volta», ha aggiunto il vescovo, secondo cui non bisogna vergognarsi di piangere, «perché le lacrime servono a dimostrare i sentimenti». Però per il vescovo bisogna piangere con il cuore la morte di Emanuele Morganti, altrimenti le lacrime sono prive di valore.



-La bara di Emanuele Morganti, il 20enne pestato a morte dal branco mentre si trovava in un locale di Alatri, ha fatto da poco il suo ingresso nella chiesa di Santa Maria del Rosario, dove a partire dalle ore 15 di oggi, sabato primo aprile 2017, si terranno i suoi funerali. A trasportare la bara in chiesta, rigorosamente bianca a voler significare l’innocenza del giovane, sono stati i suoi amici. Uno di loro, come riportato da Il Fatto Quotidiano, ha spiegato la scelta di “colorare” di bianco il funerale di Emanuele:”Abbiamo deciso di usare il bianco perché è il colore dell’innocenza e Emanuele è morto da innocente”. Bianchi sono i fiori, le corone e i palloncini che si leveranno in cielo all’uscita dalla parrocchia del feretro della giovane vittima di quell’atroce aggressione che ha sconvolto l’Italia. Bianco è lo sfondo delle magliette indossate da tutti i suoi amici: sul davanti un cuore che contiene il volto di Emanuele e dietro la scritta:”Quando ormai si vola, non si può cadere più. Ciao Emanuele”. A celebrare il rito funebre sarà il vescovo di Anagni-Alatri Lorenzo Loppa. (aggiornamento di Dario D’Angelo)



-Avranno inizio alle ore 15 di oggi, sabato 1 aprile 2017, i funerali di Emanuele Morganti, il 20enne di Alatri pestato a morte del branco mentre si trovava in Piazza Regina assieme alla sua fidanzata. A poche ore dal rito funebre, che verrà celebrato nella chiesa Maria Santissima Regina di Tecchiena Castelo, a sconvolgere un’intera comunità arriva l’indiscrezione rilanciata da Il Tempo per cui Emanuele potrebbe essere stato ucciso per via di uno scambio di persona. A raccontarlo è stata Ketty Lisi, la fidanzata del giovane ucciso ad Alatri:”E` stato picchiato prima all’interno. Perche´ credevano fosse lui a importunare la barista. Lo hanno trascinato in un angolo. Non vedevo niente. Solo tanta confusione. Poi sono riuscita a guadagnare l’uscita e ho visto Emanuele che era scortato da quattro persone. Aveva la maglietta strappata, il sangue vicino la bocca e lui agitato che diceva: Ma non sono io ad aver dato fastidio. Non sono io. Perche´ mi cacciate? Non e` giusto. Gli hanno dato un altro schiaffo”. Possibile che una semplice svista sia costata la vita ad un giovane di 20 anni? (aggiornamento di Dario D’Angelo)

Un’altra giornata triste per Tecchiena: oggi si terranno i funerali di Emanuele Morganti, il 20enne pestato a morte in Piazza Regina ad Alatri, in provincia di Frosinone. Alle 15 presso la Chiesa parrocchiale Maria SS.ma Regina di Tecchiena Castello verrà dato l’ultimo saluto ad Emanuele, la cui salma è stata esposta nella camera ardente. La famiglia del ragazzo intanto chiede che venga fatta chiarezza sulla tragedia che verrà ricordata per anni: «Chiediamo giustizia, non vendetta», ribadisce Francesco Morganti, fratello di Emanuele. Non riesce a darsi una spiegazione mentre parla fuori dalla camera mortuaria allestita al policlinico di Tor Vergata a Roma: «Mio fratello era un angelo ed è inspiegabile come l’hanno ridotto, solo Dio ci può dare una spiegazione». Drammatica è anche la testimonianza di Gianmarco Ceccani, l’amico presente al pestaggio: il ragazzo ha provato più volte a mettersi in mezzo nella mischia per salvare Emanuele, senza però riuscirci. «Ero fuori a fumare una sigaretta e poi sarei entrato quando ho visto che i buttafuori strattonavano Emanuele e lo portavano fuori in piazza. Mi sono messo in mezzo, quando uno ha estratto un manganello e ha iniziato a dare manganellate», ha raccontato Gianmarco ai microfoni di NewsMediaset. Il ragazzo spiega di essersi riuscito a liberare ad un certo punto, ma Emanuele viene inseguito da tantissime persone, 10-15. «Io volevo corrergli incontro, ma non lo raggiungevo, separavo tutti nella mischia finché ho visto che riceve un colpo dietro la testa e cade in avanti sbattendo contro un’auto», prosegue il drammatico racconto dell’amico di Emanuele, che poi lancia un’accusa ai buttafuori. Per Gianmarco non hanno fatto il loro lavoro, anzi il contrario, visto che hanno contribuito al barbaro pestaggio con schiaffi e manganellate. Ora gli resta quel senso di colpa per non essere riuscito a strappare l’amico dalla folle furia omicida di quei ragazzi: «Emanuele non c’entrava niente con quanto era accaduto nel locale. Era una bellissima persona, amava la famiglia, era sempre con il sorriso ed era un corpo e un’anima soli con sua sorella».