C’è un sms che rientra nelle carte d’inchiesta sul duplice delitto di Trifone e Teresa e del quale è stato chiesto conto a Giosuè Ruotolo nel corso nel processo a suo carico. Si tratta di un messaggio duro, che il presunto killer scrisse al suo coinquilino, Sergio Romano, dopo che Trifone andò a vivere con Teresa. “E’ finito il tempo di quella m….”: questo il contenuto shock dell’sms finito tra le domande poste a Ruotolo nel corso della penultima udienza del processo a suo carico. “Forse lo avevo scritto perché non ritenevo giusto il comportamento di Trifone, che quando se ne andò non restituì la chiave di casa”: così l’ex militare 27enne ha giustificato le sue parole, tra gli altri “non ricordo” alternati a pensieri lucidissimi soprattutto in riferimento all’ex commilitone ucciso ed al rapporto con Teresa, messo in cattiva luce anche in aula nel corso della penultime udienza, quando ha riferito dei presunti tradimenti dell’ex coinquilino ai danni della giovane siciliana uccisa.



Prosegue il processo sul duplice delitto di Trifone e Teresa e che vede imputato Giosuè Ruotolo, ex militare 27enne di Somma Vesuviana. Tante le rivelazioni emerse nel corso delle due passate udienze, durante le quali a parlare è stato proprio Giosuè Ruotolo, che ha reso alcune ammissioni interessanti. Intanto ha rivelato di essere stato lui a creare l’account Facebook “Anonimo anonimo” con la complicità dei suoi due coinquilini. Nell’ultima udienza ha anche ammesso di non essere stato lui a sparare ai due fidanzati, freddati nel parcheggio del palasport di Pordenone poco più di due anni fa, ed ha negato di aver mai nutrito gelosia nei confronti di Trifone, suo ex commilitone ed ex coinquilino. Ma un errore lo ha fatto, come rivelato da Il Gazzettino, ed è stato inciampare su alcune date ritenute invece importanti nell’indagine sul duplice omicidio. La verità di Giosuè Ruotolo, dunque, rischia di essere minata proprio dai suoi ricordi offuscati dal tempo, dalle contraddizioni emerse in sede di esame e dalle ricostruzioni che poco hanno convinto, ancora una volta, i pm, condite da nuove bugie.



L’udienza numero 23 del processo sul duplice omicidio di Trifone Ragone e Teresa Costanza e andata in scena lo scorso venerdì, sarà ricordata per la domanda cardine, giunta dopo 14 ore di interrogatorio e posta all’unico imputato, Giosuè Ruotolo. “Ha sparato lei a Trifone e Teresa?”: è questo il quesito per il quale dal 17 marzo 2015 le famiglie delle due vittime attendono una risposta e che giunge secco, senza alcun giro di parole solo nei giorni scorsi. Un dubbio coltivato per mesi dagli inquirenti e che viene risolto dall’imputato, ex militare 27enne di Somma Vesuviana, con la medesima modalità, come riportato dal quotidiano Il Mattino di Padova. “Ma sta scherzando, avvocato? Assolutamente no. E nemmeno so chi l’abbia fatto, se no l’avrei detto”: una risposta secca, resa al cospetto della Corte d’Assise di Udine, in presenza dell’avvocato Daniele Fabrizi, difensore della famiglia di Trifone, assente in occasione dell’ultima udienza, a differenza dei genitori di Teresa, in prima fila proprio di fronte a Giosuè Ruotolo.



Una certa impazienza a carico di Giosuè Ruotolo, imputato nel processo per il delitto di Trifone e Teresa, è emersa nel corso della passata udienza, dove per il secondo appuntamento consecutivo in aula il presunto assassino è stato il protagonista assoluto. Dopo aver risposto alla domanda cardine dell’intera giornata, Ruotolo ha ricordato quanto avvenuto dopo il delitto dell’ex commilitone con il quale aveva condiviso anche l’appartamento. “Stavo facendo il concorso quando mi hanno fermato e mi hanno dato una lettera in cui si spiegava che ero escluso perché indagato in questo caso”, ha ricordato l’ex militare. In modo lucido ha poi raccontato di aver presentato un ricorso al Tar, dopo essersi affidato ad un avvocato amministrativista. “Quando si concluderà questa cosa, spero di tornare”, ha aggiunto. Per Giosuè Ruotolo, le morti di Trifone e Teresa sono semplificate con l’espressione “questa cosa” e che da un anno lo tiene recluso nel carcere di Belluno con l’accusa gravissima di aver ucciso l’amico o la sua fidanzata. Un’impazienza riscontrata anche nel momento in cui chiede a uno dei suoi avvocati difensori, Rigoni Stern, “ma entro l’estate ci sarà, ’sta sentenza?”.

Incalzato dall’avvocato Carla Sgarito, difensore della famiglia di Teresa, Giosuè Ruotolo ha dovuto rispondere anche ad una ulteriore domanda “scottante” nel corso della nuova udienza del processo a suo carico: “Ha mai avuto rapporti con altri uomini?”. La risposta è stata chiaramente negativa ma ha provocato in Ruotolo nuova agitazione: “Ma che sta dicendo, scusi? Sono stato 9 anni con una ragazza…”. A placare la sua stizza è stato ancora una volta il suo difensore, l’avvocato Rigoni Stern, il quale ha domandato all’assistito se avesse mai nutrito gelosia nei confronti di Trifone. Negativa anche questa risposta; l’imputato ha ammesso di aver frequentato varie caserme e di essere venuto a contatto con numerosi ragazzi: “Ne ho visti di tutti i tipi: come Trifone, meglio di Trifone, alti, magri, palestrati e mi sono sempre sentito all’altezza. Non ce n’è mai stato motivo”, ha ammesso. La sua vita andava avanti felicemente, fino al giorno del duplice delitto di Trifone e Teresa. La sua unica colpa? Essere stato nel posto sbagliato al momento sbagliato e non averlo detto ai Carabinieri. Oggi, Giosuè Ruotolo, chiede ancora una spiegazione del perché si trovi a sedere al banco degli imputati. Questa volta, la risposta giungerà dalla Corte d’Assise di Udine che presto sarà chiamata ad esprimersi sul destino del giovane.