E’ stato deciso nei giorni scorsi da un tribunale che la maternità surrogata eseguita all’estero non è reato perseguibile in Italia; il bimbo è nato cinque anni fa e viene portato a spiegazione che la norma italiana sarebbe poco chiara e l’utero in affitto all’est non è considerato un reato. Questo fatto sarà discusso dai giuristi, ma qui ci preme riprendere i temi della questione alla radice e lo facciamo ricordando due narrazioni, due riferimenti letterari che molto hanno da dire su questo tema, e che faranno riflettere.



Il primo è la favola “Ortone cova l’uovo” (“Horton Hatches the Egg”) di Theodor Geisel conosciuto come Dr. Seuss, noto autore di favole per bambini, di stragrande successo nei paesi anglosassoni. La favola, del 1940, narra la storia di un uccello pigro “lazy Mayzie” che ha concepito un uovo ma non ha voglia e tempo per covarlo, vuole andare al caldo, a Palm Beach, e trova che di lì sta passando l’elefante Ortone, personaggio noto anche in altre favole, bonaccione, semplice, ottimista. La subdola Mayzie gli chiede di covare l’uovo per lei: “You’ve nothing to do and I do need a rest. Would you like to sit on the egg in my nest?” (Non hai niente da fare e io ho bisogno di una pausa; ti metteresti nel nido al mio posto?”)



Mayzie parte per Palm Beach; Ortone resta e passa tutta la gestazione dell’uovo tra mille traversie: si ghiaccia per il freddo dell’inverno, viene catturato in un circo da cui non fugge per continuare a covare l’uovo; finché per errore il circo non passa proprio da Palm Beach dove Mayzie si ricorda dell’uovo e maltratta Ortone, rivuole il suo uovo: aggredisce Ortone, lo strattona, pretende il suo uovo e lo fa cadere; e in quel fare l’uovo si schiude e ne esce sì un uccellino, ma con le orecchie e la coda da elefante…

Il secondo riferimento è tratto dalla Bibbia. Genesi, capitolo 21: Sara, moglie di Abramo, non riesce a concepire un figlio e così offre al marito la sua schiava Agar perché procrei in sua vece (una maternità surrogata, in nuce) e così succede, dando alla luce Ismaele, che poi genererà così tanto astio in Sara che essa chiederà e otterrà di far ripudiare dal marito sia la schiava Agar che il figlio.



Sono due semplici racconti che però si rivelano profetici alla luce del dibattito sulla maternità eterologa. Entrambi sono storie di sfruttamento ed entrambi parlano di una gravidanza surrogata. E non è poco che già esistessero dei presentimenti di come le due cose potessero andare di pari passo. Nel caso dell’elefante Ortone appare un giudizio molto profondo: chi “cova l’uovo” non è uguale a zero, infatti l’uccellino che ne nasce non è più il figlio di Mayzie, ma è diventato il figlio di Ortone; capite bene come questo contrasti con l’idea dell’affitto uterino che vorrebbe illudere che aprire il proprio utero ad una gravidanza sia come tagliarsi i capelli o tingersi le unghie. Far da madre, accrescere in sé un figlio, cambia la donna, cambia il figlio, sia per motivi psicologici che per motivi ormonali, ma anche per il passaggio perenne di cellule dall’uno all’altra. 

IL secondo racconto parla ancor più apertamente di schiavitù: già, perché la schiava Agar è appunto una schiava e come tale porta in sé il figlio di Abramo. Schiavitù; non si “affitta” un utero, non si “affitta” una donna, perché si può affittare cioè assoldare qualcuno per compiere un servizio intellettuale o manuale; ma quando l’affitto non riguarda ciò che fai, ma ciò che diventi, le trasformazioni biologiche, le tue trasformazioni psichiche, si parla di schiavitù. Le trasformazioni biologiche e psichiche sono tali da non lasciare la donna come prima e come non è lecito vendere un organo, così non sarà moralmente lecito vendere il proprio cambiamento (non “il proprio tempo”, come qualcuno vorrebbe far credere). Significativo allora è ricordare che “Sara è padrona di Agar” e la maternità surrogata finisce per “agarizzare” – passateci questo termine – le donne assoldate per questo fine.

C’è poi un terzo riferimento letterario: la nascita della dea Atena, che venne concepita da Giove stesso e che nacque dalla sua testa, da cui venne estratta già adulta e nacque praticamente senza madre. Come non vedere in questo mito greco il segno della supremazia maschilista di cui la società greca non era indenne, in cui l’uomo ama l’uomo suo simile e tenta di far a meno della femmina umana? La “male supremacy” (l’ideologia della “supremazia maschile”) potrebbe avere nella maternità surrogata una nuova versione…