Ha fatto non poco discutere lo studio pubblicato su Science relativo al cancro e che aveva imputato l’insorgenza di due tumori su tre non a cause genetiche o alla stile di vita ma ad una questione di “sfortuna”. Uno studio che ha visto tra i suoi principali autori e sostenitori l’autorevole scienziato Bert Vogelstein, reo di aver divulgato un messaggio fuorviante innescando un acceso dibattito in ambito scientifico e non solo. Lo studio di Vogelstein, come rivela Corriere.it, tuttavia, sarebbe caratterizzato da una serie di importanti limiti e debolezze. Intanto, sarebbe stata trascurata l’immensa complessità insita di ogni tumore, fornendo modelli matematici che non possono essere esaustivi ma andrebbero ulteriormente affinati. Nel suo recente studio, inoltre, l’esperto aveva esteso i suoi dati anche a popolazioni diverse dagli Usa, ma al tempo stesso aveva escluso dalla sua analisi Paesi come l’India, dove il cambiamento dello stile di vita sta drasticamente e drammaticamente mutando anche l’incidenza del cancro.
A tal proposito è emerso ad esempio come le donne giapponesi che si sono trasferite negli Usa, a partire dalla seconda generazione hanno subito un aumento clamoroso del rischio di cancro alla mammella, a dimostrazione di come lo stile di vita e l’ambiente rappresentano di fatto dei fattori importanti per il cancro. Il messaggio che emerge dallo studio di Vogelstein andrebbe affrontato con spirito critico: se è vero che non possiamo intervenire sul fato, è altrettanto vero che possiamo però agire su altri fattori di rischio. Ciò significa che possiamo fare riferimento alla prevenzione (intervenendo su stile di vita e ambiente) e alle diagnosi precoci, tutto ciò che è in nostro possesso per poter sconfigger e il tumore all’origine. La sconfitta del cancro, dunque, non dipende dalla sfortuna ma da una serie di fattori molti dei quali dipendenti esclusivamente da noi.