È morto Davide Trentini, 53 anni e malato di Sla. È morto come Dj Fabo in Svizzera in una clinica accompagnato da un membro dell’Associazione Luca Coscioni, all’epoca era stato Marco Cappato, questa volta Mina Welby ma il risultato è lo stesso. Questa mattina la moglie di Piergiorgio Welby, tra i primi in Italia a optare per una discussissima eutanasia, ha dato l’annuncio della morte di Davide Trentini, balzato alle cronache nelle scorse settimane per la somiglianza con “l’ultimo viaggio” di Dj Fabo, avendo scelto tramite il necessario appoggio e sostegno dei Radicali, di optare per il suicidio assistito. «Mi fa troppo male vivere così», aveva detto nell’ultima intervista prima del viaggio in Svizzera e così Davide Trentini da questa mattina non c’è più, deceduto con l’aiuto medico previsto in questi casi dalla legge di Berna. Ad accogliere l’appello di Davide per essere portato in Svizzera a morire a pagamento è stata materialmente Mina Welby, pagando tramite i fondi dell’associazione Coscioni i 10mila euro necessari per l’intera operazione. Esattamente come Dj Fabo. E proprio come il Dj lascia un nuovo vuoto in tutti, dalla politica alla società ma soprattutto all’umanità di ciascuno di noi, toccato forse dalla decisione ultima e finale sulla vita degna e la morte. Spetta veramente “solo” a noi?



Il caso di Davide, a pochi mesi da quello di Fabiano Antoniani, riaccende se ce ne fosse stato bisogno, la profonda discussione sul fine vita, sul suicidio assistito e sull’eutanasia, con le distinte dinamiche e le varie situazioni che possono portare a scelte e appelli in tal senso. Prima della morte di Davide Trentini si era mosso anche il Movimento per la Vita che ha compiuto un duro attacco all’Associazione Luca Coscioni e in generale al clima di “pressing” dei Radicali sul Parlamento impegnato in una delicatissima discussione sulla questione capitale anche a livello politico di Fine Vita e Testamento Biologico. «L’ennesimo caso di accompagnamento da parte dell’Associazione ‘Luca Coscioni’ di un paziente italiano in Svizzera per essere fatto morire con tecniche di suicidio assistito ripropone la necessità di un intervento della magistratura rispetto ad iniziative che si configurano come vera e propria istigazione al suicidio», è molto netto il presidente Mpv Gian Luigi Gigli. Poi conclude la nota, «il nostro rispetto e la nostra partecipazione per il dramma umano dei pazienti non ci esime dalla riprovazione totale di chi utilizza le loro sofferenze per lucrare politicamente ed ideologicamente sulla loro fine». 

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