Dopo la tragica fine di Emanuele Morganti, il 20enne vittima di una rissa mortale ad Alatri, nel comune in provincia di Frosinone e nelle zone limitrofe sono aumentati i controlli e le pattuglie dei Carabinieri. E’ quanto reso noto da Askanews.it che ha rivelato come oltre ai militari già presenti, sono giunte anche quattro pattuglie della Compagnia di intervento operativo di Roma. L’ufficialità è stata affidata ad una nota diffusa dal Comando provinciale dei Carabinieri di Frosinone e nella quale si legge: “A seguito dell’aggressione mortale subita da Emanuele Morganti il Comando provinciale carabinieri di Frosinone, al fine di prevenire e contrastare ogni forma di illegalità ed in particolare altri episodi di violenza, ha disposto un ulteriore rafforzamento dei già numerosi servizi di prevenzione, in atto senza soluzione di continuità nel centro cittadino e nella popolosa frazione di Tecchiena, e già intensificati immediatamente dopo il tragico episodio”. Una decisione necessaria, soprattutto dopo i contrasti tra Alatri e Tecchiena, quest’ultimo paese di origine di Emanuele Morganti subito dopo la rissa rivelatasi mortale. (Aggiornamento di Emanuela Longo)
Le indagini attorno alla morte di Emanuele Morganti, il giovane appena 20enne massacrato ad Alatri dopo una lite brutale nata all’interno del locale Arci Miro Music Club e culminata in modo drammatico all’esterno, proseguono senza sosta. Attualmente, per l’uccisione del ragazzo sono in carcere tre giovani, i fratellastri Mario Castagnacci e Paolo Palmisani e l’ultimo arrestato Michel Fortuna, dopo un periodo nel quale è sempre risultato introvabile. Ancora da chiarire, invece, la posizione Franco Castagnacci, padre di Mario, il quale si trovava all’esterno del locale di Alatri la sera in cui Emanuele fu massacrato con calci e pugni, prima di essere colpito da un oggetto contundente, forse un manganello. Altri quattro nomi risultano iscritti nel registro degli indagati per il reato di rissa, ovvero Manuel Capoccetta, Damiano Bruni, Pjetri Xhemal e Michael Ciotoli, i quattro buttafuori del locale. Interessante a tal proposito le dichiarazioni di uno di loro, Damiano Bruni, rilasciate ai microfoni della trasmissione di Rai3, Chi l’ha visto e riprese da BlitzQuotidiano.it. Il giovane ha raccontato dove si trovava la sera del 24 marzo scorso: “Non ero vicino al bancone, ero vicino alla consolle. Una ragazza mi avvicina e mi dice: ‘Stanno litigando’. Ma in pista tutto era tranquillo”.
Poi ha rivelato di essersi accorto del lavoro svolto da due suoi colleghi, vicini al bancone ma impossibilitato a raggiungerli a causa dell’eccessiva folla presente nel locale. “I miei colleghi due ragazzi, prendono Emanuele e lo accompagnano fuori. Ho visto questa scena a dieci metri”, ha raccontato Damiano. A sua detta, dopo aver preso Emanuele Morganti, a seguire il 20enne ed i due colleghi fuori dal locale sarebbe stata “una nuvola di gente, venti o trenta persone”. Lui non sarebbe mai uscito, tranquillizzato dal fatto che ai fini della sicurezza del locale era tutto a posto. Lì, secondo il suo racconto, lui sarebbe rimasto fino alla chiusura, avvenuta intorno alle 2:30. Ma proprio di fianco alla sua auto, i Carabinieri trovarono un manganello di legno con una scritta inquietante: “onore e fedeltà”. “Era mio, un regalo di mio nonno. Mai usato. Io non ho avuto mai contatti con Emanuele quella notte”, ha commentato il buttafuori.
A parlare alla stessa trasmissione Chi l’ha visto, la quale nell’ultima puntata ha dedicato un’ampia parentesi al caso di Emanuele Morganti, è stato Domenico, il ragazzo che la sera della rissa mortale litigò con il 20enne nel locale di Alatri. “Il gruppetto che ha aggredito Emanuele sicuramente non voleva difendere me, è gente che non conosco, non l’ho mai frequentati”: così ha commentato quanto avvenuto la sera di quasi un mese fa. Secondo il suo racconto, dunque, la lite avvenuta nel locale Miro Music Club non avrebbe nulla a che fare con la rissa consumatasi poi all’esterno e che avrebbe portato alla morte di Emanuele Morganti. “Non conosco i buttafuori, era la seconda volta che andavo in quel posto”, ha riferito Domenico. Il giovane, tuttavia, ha ammesso di conoscere solo di vista Michel Fortuna, uno dei tre giovani in arresto per l’omicidio volontario del 20enne, aggravato dai futili motivi.
Se dovessero trovare conferma, le sue parole farebbero venire meno la tesi finora sostenuta secondo la quale la lite sarebbe partita al bancone per culminare all’esterno. Non solo, aprirebbe ad un atroce dubbio: perché Emanuele Morganti è stato aggredito? Si è trattato davvero di una vendetta come sostenuto dalla sorella? Quello avvenuto tra Emanuele Morganti e Domenico sarebbe stato solo “un diverbio verbale nato e morto là. Poi se all’esterno ha avuto un diverbio con qualcun altro io non lo posso sapere, perché ero rimasto all’interno del locale”, ha asserito il giovane. Le sue parole sembrano trovare conferma anche dalle varie testimonianze raccolte.