La strage di via d’Amelio nella quale perse la vita Paolo Borsellino, simbolo italiano della lotta alla mafia – al pari del collega Giovanni Falcone – resta un caso ancora del tutto aperto, a distanza di 25 anni. Davanti alla Corte d’Assise di Caltanissetta è infatti in corso il quarto processo sull’uccisione del magistrato e dei cinque agenti della sua scorta ed a parlare nella giornata odierna, è stato anche il procuratore Capo di Caltanissetta, Amedeo Bertone, replicando alle critiche mosse nella sua arringa dall’avvocato Fabio Repici, legale di parte civile di Salvatore Borsellino, fratello del magistrato ucciso da Cosa Nostra. Come rivela l’agenzia di stampa Ansa, a detta di Bertone ci sarebbero ancora numerosi “buchi neri” in merito alla strage di via D’Amelio che si consumò a Palermo il 19 luglio 1992. Tra questi spicca la questione legata all’agenda rossa di Paolo Borsellino ma anche le indicazioni rese in aula dal colonnello Arcangioli ed il contrasto con altre dichiarazioni. Per tale ragione, a detta del procuratore, “ci sono le prospettive per una ulteriore attività che dovrà essere svolta e verificata”.
Nel corso del processo in corso, il quarto relativo alla strage di via D’Amelio, sono imputati Salvo Madonia e Vittorio Tutino, mentre Vincenzo Scarantino, Francesco Andriotta e Calogero Pulci, tutti faklsi pentiti, dovranno rispondere del reato di calunnia. Amedeo Bertone, nell’ambito del processo sulla morte di Paolo Borsellino e su quella degli uomini della sua scorta, ha voluto respingere al mittente una serie di accuse mosse nel corso delle varie udienze al cospetto della Corte d’Assise di Caltanissetta. In passato, infatti, è stato criticato il discorso del pm in riferimento all’esame delle fonti di prova, ed in generale si è parlato di “vergogna” rivolgendosi a lui. “Sono esternazioni che respingiamo al mittente”, ha detto oggi in aula Bertone, ribadendo il lavoro fino a questo momento compiuto.