La storia di quel padre del quartiere di Casella a Genova che, vedendo andare a fuoco la propria casa a causa di un incendio divampato dalla stufa domestica, decide di buttare dal secondo piano in braccio ai primi soccorritori il figlio di sette anni per poi buttarsi egli stesso con la moglie, lascia nel cuore e nella mente di chi la ascolta la stessa sensazione che suscitano certe novelle di Verga o di Pirandello: un’inevitabile tristezza.



Adesso il bimbo è in morte cerebrale all’ospedale “Gaslini”, la madre è in codice giallo e il padre si trova ustioni sul 20 per cento del corpo e diverse complicazioni dovute a pregresse condizioni di salute che l’incendio e la caduta hanno aggravato. La grande narrativa tra ottocento e novecento ha avuto il merito di illuminare quella che per molti è un’intima convinzione: nella tua situazione economica e sociale è scritto anche il tuo destino.



La famiglia di Casella è una famiglia normale, prototipo di tante famiglie “normali” che abitano i nostri paesi e le nostre città; non occorre conoscerne nel dettaglio i nomi o la storia per il semplice fatto che le vicende di cui sono in queste ore protagonisti paiono quasi un simbolo, un paradigma, del nostro tempo. Viviamo immersi nel nulla e nell’anonimato, in condizioni spesso precarie, utilizzando le briciole della tecnologia — come la televisione, il telefonino o la stufetta — per sentirci al contempo riparati dalla vita e integrati nel sistema. Eppure tutto quello che abbiamo non ci riesce a togliere dalla traiettoria del destino triste che di giorno in giorno sembra avanzare dentro le mura delle nostre case.



Verga e Pirandello avevano intuito che il male più grande che una società possa fare a chi vi appartiene sia quello di legare il sentimento della vita a oggetti, situazioni, avvenimenti che diventano il termometro per misurare un’esistenza felice o sprecata. Il padre di Casella ci appare un eroe perché cerca di portare in salvo la sua famiglia, ma ci appare disperato perché tutto questo è accaduto per colpa di quel poco di calore che cercava di dare alla sua stessa famiglia con la stufa di casa. E’ in questa contraddizione, in quest’eco tragica, che si trova il senso di tutta questa storia. Quando la vita appare determinata dalla situazione e dalle cose, diventiamo tutti possibili protagonisti di un dramma, di una tragedia.

In questo contrasto, nel dramma di questo incidente, ciò che salva la vita appare ancor più netto: sapere chi siamo, di chi siamo e perché siamo al mondo. Altrimenti potremmo anche avere tutto, ma niente potrà impedire ad un qualunque incendio di restituirci quel gusto triste di una vita mancata che fa spesso, ogni giorno, da sottofondo ai desideri che ci portiamo nel cuore.