Di Maio contro le Ong, Saviano contro Di Maio: la polemica sul ruolo delle organizzazioni non governative nei salvataggi in mare rischia di incanalarsi nei binari precostituiti del dibattito nostrano, in realtà è solo l’ultimo capitolo di un “cambiamento d’epoca”, per dirla con papa Francesco, che non si vuol vedere ma che interessa la vita di milioni di persone. Saviano accusa Di Maio di manipolare il rapporto Frontex (Agenzia europea della guardia di frontiera e costiera) e di sfruttare l’emergenza a fini elettorali; mentre il direttore di Migrantes (Cei) mons. Perego, stigmatizza la “visione ipocrita e vergognosa di chi non vuole salvare in mare persone in fuga”.
A prendere l’iniziativa però è stata la giustizia italiana. “Vogliamo capire chi c’è dietro tutte queste organizzazioni umanitarie che sono proliferate in questi ultimi anni, da dove vengono tutti questi soldi che hanno a disposizione e soprattutto che gioco fanno” aveva già detto il procuratore della Repubblica di Catania, Carmelo Zuccaro, il 17 febbraio scorso. “Insieme a Frontex e alla Marina militare stiamo cercando di monitorare queste Ong che hanno dimostrato di avere una grande disponibilità finanziaria”.
Due giorni fa le dichiarazioni che hanno motivato la presa di posizione di M5s. “Abbiamo evidenze che tra alcune Ong e i trafficanti di uomini che stanno in Libia ci sono contatti diretti” ha detto Zuccaro a La Stampa. Così ieri, di fronte alle ultime polemiche, Frontex ha sentito il dovere di intervenire. “I trafficanti che operano in Libia stanno approfittando dell’obbligo internazionale di salvare vite in mare” — ha dichiarato la portavoce Izabelle Cooper.
Ne abbiamo parlato con Giuseppe Valditara, docente di diritto romano nell’Università di Torino e autore, con Gian Carlo Blangiardo e Gianandrea Gaiani, di un agile ma denso saggio, Immigrazione. Tutto quello che dovremmo sapere (Aracne).
Professore, mentre parliamo ci sono diverse missioni che operano nel Mediterraneo e che trasportano migranti in Italia, prevalentemente dalle coste libiche. Chi sta facendo che cosa?
Accanto alle imbarcazioni della Marina militare italiana e a quelle dei paesi di Frontex, nel 2016 hanno avuto un ruolo rilevante le flotte private delle organizzazioni non governative e lo stanno avendo anche oggi. Sono la maggioranza.
La procura di Catania ha aperto un’inchiesta.
E questo è senza dubbio molto opportuno, perché la procura indaga sulla base di una notizia di reato. Il problema però non è solo questo. A mio modo di vedere, alcune Ong non agiscono solo perché dietro le attività di salvataggio di vite umane ci sono importanti finanziamenti privati. C’è anche una visione ideologica, ampiamente supportata da interessi politici.
E’ un’accusa grave la sua. Come la giustifica?
Ci sono Ong tedesche che affermano esplicitamente di non riconoscere il diritto degli stati a tutelare i confini. Sovranità e confini non andrebbero rispettati per consentire l’affermazione di presunti diritti umani inalienabili, come quello di immigrare. Senza se e senza ma.
Sulla base di quale concetto?
Sulla base della considerazione che si va affermando in certi ambienti che il diritto di immigrare sarebbe una sorta di diritto naturale che andrebbe garantito a chiunque, anche contro la volontà degli stati e anche a scapito della loro sovranità. Del resto sono state anche formulate nel recente passato teorie come quelle di Ulrich Beck, Gianni Vattimo e Alain Badiou, solo per citare tre nomi, che prefigurano una sottomissione dell’Europa alle “invasioni”. Per Beck, il “proprio” dell’Europa è non avere un proprio. Essa non si dovrebbe più riconoscere nella storia da cui è scaturita, dovrebbe abdicare alla propria origine e rompere con se stessa. Per Vattimo se l’Europa vuole redimersi dal suo passato deve abdicare a qualsiasi immagine di sé per passare dall’universalismo all’ospitalità. Deve insomma ridursi al “dare ascolto e al lasciare la parola agli ospiti”. Per Badiou gli stranieri ci devono insegnare a diventare stranieri a noi stessi, a progettarci fuori di noi, consentendoci di “non rimanere prigionieri di questa lunga storia occidentale e bianca che volge al termine”. Lo straniero servirebbe così a redimerci, a redimere l’Europa dalle sue colpe storiche. Che è poi quanto più banalmente afferma la Boldrini quando afferma che “presto i migranti ci offriranno uno stile di vita per tutti noi”. Insomma è la teorizzazione di una colonizzazione all’incontrario.
Abbiamo donazioni private alle spalle: lo ha dichiarato ieri Gianni Rufini di Amnesty International a Sky Tg24. Tutto nei termini di legge.
Può darsi. Intanto, come hanno riportato molti giornali, Soros avrebbe stanziato 500 milioni di dollari per organizzare l’assistenza ai migranti. La maltese Moas, che ha depositato in Italia 33mila migranti, fa capo al filantropo Christopher Catrambone, che figura tra i finanziatori della campagna elettorale di Hillary Clinton. Ci sono Ong unanimemente riconosciute credibili, come Save the Children, altre sono opache ed è su queste che occorre far luce.
Quando si dice “business dell’accoglienza” l’espressione è fondata?
Assolutamente sì. Nel 2016 lo Stato ha stanziato 3,8 miliardi di euro, che salgono a oltre 4 se si aggiungono i contributi Ue. Per il 2017 sono previsti 4,5 miliardi. L’intermediazione privata — assistenza, alloggio, inserimento, eccetera — si divide una montagna di soldi.
La maggior parte del salvataggi chi la fa?
Proprio le flotte delle Ong. Dalle denunce di Frontex emerge che i salvataggi avverrebbero ormai ai limiti delle acque territoriali libiche. Qualcuno dice al loro interno. Ciò rende oggettivamente facile, senza imputare alcuna cattiva intenzione, l’attività degli scafisti. Si ricorda i barconi e i pescherecci? Oggi non ci sono più. Se ci fa caso, le foto e i servizi che vediamo in tv mostrano uomini stipati all’interno di grandi gommoni incapaci di affrontare il mare aperto e sovraccarichi, per lo più in acque calme. Oggi gli scafisti comprano i gommoni dalla Cina via Malta. Non lo dico io ma l’ammiraglio Credendino.
Qualcuno fa notare che il salvataggio di persone ridotte alla fame e in fuga da guerre e carestie nell’Africa subsahariana non va d’accordo con viaggi di migliaia di chilometri che possono essere fatti solo con il pagamento di ingenti somme a strutture organizzate. Lei che ne pensa?
E’ una contraddizione che denuncia una notevole ipocrisia. Certamente coloro che provengono dalla Siria sfuggono alla guerra, ma la gran parte di coloro che arrivano in Italia vengono da paesi dell’Africa subsahariana che non sono né in guerra né sconvolti dalla carestia. L’inchiesta della procura di Palermo sul caso Ghermay-Redae ha svelato che per arrivare in Libia si spendono 5mila euro, altri 1.500 servono per la traversata. Si tratta di persone che vengono da paesi dove la paga è di 40-60 dollari al mese. Solo chi nei propri paesi è benestante può mettere da parte somme simili.
Quindi?
Chi è indigente e non lavora rimane dov’è. A partire sono ceti sociali benestanti attratti dal miraggio del nostro tenore di vita e da stipendi irraggiungibili. La Stampa, nell’ottobre scorso, ha riportato di un imprenditore egiziano, Naguib Sawiris, che ha offerto 10mila posti di lavoro a gente che voleva imbarcarsi. Si sono presentati in 28. Gli altri, per ammissione dello stesso imprenditore egiziano, sognavano stipendi da 2mila euro al mese.
Noi accogliamo flussi migratori illegali?
Sì. Ai sensi della nostra legge sono tutti illegali e tutte le persone accolte sono clandestine. La legge dice che chiunque entra nel territorio dello Stato non in conformità alle norme previste per l’immigrazione, cioè senza il visto concesso dalle ambasciate, è clandestino. Se viene salvato in mare, il salvataggio è l’intervento dovuto in uno stato di necessità ma non modifica il suo status di clandestino.
Cosa si dovrebbe fare a coloro che sono in questa situazione?
Per la legge italiana dovrebbero essere sottoposti a un procedimento penale con una sanzione di natura pecuniaria. Se viene presentata domanda di asilo, il procedimento è sospeso fino alla decisione della commissione regionale. Se non viene riconosciuta la protezione umanitaria, riprende il processo penale.
Le cronache ci pongono di fronte ad una serie di termini nei quali non è facile orientarsi: clandestino, richiedente asilo, profugo, migrante, rifugiato. Ormai si finisce per usarli come sinonimi.
Il termine corretto è immigrazione illegale. Nel momento in cui si presenta la domanda di protezione umanitaria, la posizione diventa quella di richiedente asilo: si tratta di un migrante irregolare, cioè entrato illegittimamente, che ha richiesto protezione umanitaria. Se questa viene concessa, si tratta di un soggetto che ha diritto all’asilo e che a questo titolo può stare nel nostro paese.
Vuol dire che gli altri termini descrivono solo situazioni di fatto. Nel caso, mettiamo, di una famiglia siriana fuggita dall’assedio di Aleppo?
Se non è arrivata in Italia attraverso le nostre ambasciate, è costituita da immigrati illegali che avranno certamente tutti i requisiti per godere della protezione umanitaria, diventare richiedenti asilo e regolarizzare la loro immigrazione.
Allora la condizione di migrante o di profugo non implica un diritto all’accoglienza?
No. Non esiste il diritto ad entrare in uno Stato, esiste il diritto a rimanervi quando vi siano determinate condizioni stabilite dalla legge. Ci sono le convenzioni internazionali, quella di Ginevra in primo luogo, che obbligano gli Stati a dare protezione umanitaria a coloro che, entrati nel territorio e avendo presentato domanda di asilo politico, abbiano i requisiti contemplati dalle convenzioni. Ci dev’essere un rischio per la vita concreto o una persecuzione per motivi di carattere religioso, politico o sessuale.
Perché le norme fondate sulla convenzione di Ginevra appaiono per diversi aspetti inadeguate per affrontare la situazione odierna?
La convenzione di Ginevra era stata pensata in anni totalmente diversi dai nostri ed essenzialmente per i profughi che venivano dai paesi comunisti. Quanto sta accadendo determina uno scenario completamente diverso, ma le convenzioni internazionali garantiscono ancora la sovranità degli Stati e quindi la difesa dei confini.
Invasione o emergenza umanitaria?
L’una e l’altra cosa. Non saprei come definirla altrimenti: nei tre giorni di Pasqua sono state portate nei nostri porti, traghettate da imbarcazioni private, ben 8.500 persone. Sono numeri da “invasione”. In tutto il 2010, all’indomani dell’accordo con Gheddafi, sono arrivate in Italia 4mila persone, oggi le stime del procuratore capo di Catania prevedono 250mila arrivi nel 2017.
A proposito di Libia. Come giudica l’attuale politica dell’Italia?
La zona soggetta allo stato islamico non va considerata perché è evidente che il traffico di uomini è collegato al fenomeno terroristico, allo scopo sia di finanziarlo sia di esportare terroristi in Europa. Il problema viene dal governo legittimo, che noi appoggiamo, perché c’è una commistione tra trafficanti ed establishment libico ufficiale. Per l’Italia non sarà facile trovare una soluzione e non è detto che vi riusciamo.
(Federico Ferraù)