Questa mattina si è svolta l’udienza di convalida del fermo di Davide Vannoni, padre fondatore del metodo Stamina, arrestato lo scorso mercoledì all’alba. L’uomo si trova attualmente nel carcere delle Vallette con l’accusa di aver ripreso la sua attività basata sulla cura di pazienti attraverso la controversa terapia che fa ricorso alle cellule staminali, in una clinica in Georgia, nonostante avesse patteggiato a marzo di due anni fa una pena di 22 mesi. L’accusa, in quell’occasione, era stata associazione a delinquere finalizzata alla truffa e alla somministrazione di farmaci nocivi per la salute. Come riporta La Stampa, il fermo dei giorni scorsi era stato disposto d’urgenza, motivato dal pericolo di fuga dell’indagato che, intercettato, aveva fatto intendere l’intenzione di esportare il discusso metodo Stamina nell’isola della Repubblica Dominicana. L’udienza di questa mattina, riporta Repubblica.it nell’edizione torinese, è durata appena 30 minuti, quanto basta per permettere a Vannoni di difendersi dalle accuse: “In Georgia praticare quel tipo di cure non è reato”, ha asserito il fondatore di Stamina al gip Francesca Christillin, in presenza del suo difensore, l’avvocato Liborio Cataliotti.
“Non ho mai cercato di contattare pazienti perché si sottoponessero alla mia terapia”, ha aggiunto Davide Vannoni nel corso della breve udienza di convalida del fermo. Il giudice per le indagini preliminari ha infatti cercato di comprendere eventuali responsabilità dell’indagato in merito al reclutamento dei pazienti, attività questa quasi certamente compiuta nel nostro Paese. A tal proposito Vannoni ha cercato di scaricare la responsabilità su altri collaboratori asserendo: “Non ero io che mi occupavo di quegli aspetti”. Il gip si esprimerà entro la giornata di domani, sabato 29 aprile, e depositerà il provvedimento che confermerà o meno la permanenza in carcere a carico di Davide Vannoni.