Mentre il calcio si fa sempre più rissoso sugli spalti e in campo, il rugby è stato preso come esempio di fair play. Lo sport che prevede il famoso “terzo tempo” dopo la partita per far socializzare le due squadre e i loro amici non è però per forza sinonimo di scontro pacifico in cui atleti e sostenitori delle squadre si affrontano con lealtà e solo sul campo da gioco. A testimoniare ciò un fatto avvenuto in questi giorni a Livorno. Durante una partita di rugby andata in scena nella città toscana tra Etruschi Livorno e Amatori Rosignano è scoppiata una lite tra i padri che assistevano sulle tribune al derby livornese che vedeva in campo ragazzini under 12. Il parapiglia è scoppiato poco dopo la fine della partita: i genitori hanno iniziato a discutere e dopo qualche insulto tutto è precipitato in un principio di rissa, sedata dal tempestivo intervento dei dirigenti della società e da altre persone che si trovavano nelle vicinanze, come raccontato da Gabriele Noli sulle pagine de Il Tirreno. Non ci sono stati feriti e non è stato necessario avvertire le forze dell’ordine ma l’episodio è stato sicuramente una scena desolante, più comune al mondo del calcio che a quello del rugby. A prescindere dallo sport sembra quindi che sia l’animo con cui affrontano la partita i “tifosi” sugli spalti a determinare se l’evento si svolgerà pacificamente o se si dovrà assistere a delle scene che tutti preferirebbero non vedere quando si tratta di qualcosa come lo sport, che dovrebbe unire e non dividere.