La comunità di Alatri vive ancora nel terrore e nell’indignazione in seguito alla morte di Emanuele Morganti, il ragazzo ucciso a sprangate dal branco. Le testimonianze non sono molte e si potrebbero racchiudere nella cerchia ristretta della vittima, in quegli amici che gli hanno fatto scudo con il proprio corpo per evitare il peggio. Un tentativo inutile ma che evidenzia in modo significativo che Emanuele Morganti non è morto da solo e ignorato, come spesso invece accade. Diversa invece la posizione di chi non ha risposto all’appello sui social, alla ricerca dei testimoni che si trovavano in quei minuti sulla scena del crimine e nelle vicinanze. L’hashtag #ChiSaParli, lanciato a poche ore dall’omicidio, non ha avuto riscontri positivi. Lo riferisce nel suo blog un cittadino di Alatri, che sottolinea come la morte di Emanuele Morganti non debba coincidere con la fine di Alatri. Non si dovrebbe nemmeno parla di omertà, ribadisce, dato che i presunti assassini del giovane sono stati catturati in sole 48 ore proprio perché le testimonianze sono state immediate. Non ci stanno i cittadini del paesino, che trovano stretta la definizione di “omertosi” e che ora puntano il dito contro una giustizia, invece, fallace. [Aggiornamento a cura di Morgan K. Barraco]
È quasi passata una settimana dalla morte di Emanuele Morganti, il ragazzo ucciso a sprangate ad Alatri, ma non si placa la rabbia nei confronti del branco autore del pestaggio. Ora nel paesino ciociaro prevale in particolare un sentimento: la rabbia. E, infatti, si comincia a parlare di ronde per ottenere una sorta di “giustizia fai da te”. «Sono belve», ripetono i cittadini di Alatri, che descrivono Emanuele come un ragazzo perbene. Intanto Mario Castagnacci e Paolo Palmisani, gli unici due arrestati finora, stanno faticando a trovare un legale che sia disposto a difenderli: il retroscena è stato svelato da Agorà, il programma di Raitre, che ha intervistato l’amico di Emanuele Morganti. «Ho fatto di tutto per avvicinarmi, mi sarei fatto ammazzare per farli smettere», ha dichiarato Gianmarco Ceccani, che ha descritto l’amico come una «persona splendida, sempre col sorriso sulle labbra». (agg. di Silvana Palazzo)
Un buttafuori avrebbe usato un manganello per picchiare Emanuele Morganti, il ragazzo ucciso a sprangate ad Alatri. Non si tratterebbe di Damiano Bruno, che ha ammesso ai microfoni di Chi l’ha visto? di essere in possesso di quell’oggetto, precisando però di non averlo mai usato. «Sì, in macchina avevo un manganello, ma non l’ho portato con me in discoteca. Ho un foglio che certifica che non l’ho mai usato», ha dichiarato il buttafuori, il quale ha poi spiegato che non è stato nemmeno semplice trovarlo in macchina, visto che era finito sotto altri oggetti conservati nell’automobile. La presenza del manganello in macchina ha destato sospetti, ma gli esami a cui è stato sottoposto avrebbero però confermato che non è stato utilizzato. Il buttafuori ha chiarito che si tratta di un regalo di suo nonno e soprattutto ha escluso di aver preso parte all’aggressione: «Non l’ho portato con me in discoteca. Non sono uscito dalla discoteca, non ho partecipato. Io stavo lavorando, per 50 euro non avrei mai rischiato di finire in galera. Non ero fuori», ha concluso Damiano Bruno. (agg. di Silvana Palazzo) Clicca qui per il video dell’intervista.
L’inchiesta sulla morte di Emanuele Morganti rischia di ampliarsi ulteriormente con il passare delle ore. Dopo la notizia di un nuovo indagato che farebbe salire il numero degli attenzionati a nove, spunta ora un “terzo picchiatore” che insieme a Paolo Palmisani e Mario Castagnacci avrebbero aggredito mortalmente il 20enne, uccidendolo a sprangate. E’ quanto riportato da Libero Quotidiano, che rivela anche come il terzo soggetto in questione abbia però fatto perdere le sue tracce. Il suo nome sarebbe stato avanzato dal cuoco 27enne arrestato insieme al fratellastro nei giorni scorsi, ma di lui si sa solo che ha 27 anni poiché avrebbe fatto perdere le sue tracce persino sul web. Dopo la violenta rissa in seguito alla quale ha perso la vita Emanuele Morganti, il terzo “picchiatore” avrebbe lasciato immediatamente la Ciociaria e cancellato il proprio profilo Facebook. Non solo: l’indiziato si sarebbe anche disfatto del cellulare onde evitare che facesse la stessa fine dei due fratellastri, trovati a casa di una parente grazie alla localizzazione del telefonino.
Sono nove, in tutto, gli indagati nell’ambito dell’inchiesta sulla morte di Emanuele Morganti, giovane ucciso a sprangate ad Alatri la notte tra il 24 ed il 25 marzo scorso, all’esterno di un locale. Lo riporta BlitzQuotidiano, ribadendo come il numero delle persone finite sotto la lente di ingrandimento degli inquirenti è sempre stato lo stesso dall’inizio dell’inchiesta, oltre ai due arrestati. Non si esclude che nei prossimi giorni i due fratellastri arrestati, Mario Castagnacci e Paolo Palmisani, possano essere nuovamente interrogati dagli inquirenti, dopo essersi precedentemente avvalsi della facoltà di non rispondere. Nella giornata di oggi, intanto, l’avvocato Marilena Colagiacomo, difensore di Franco Castagnacci, padre di uno degli arrestati, presenterà istanza in procura affinché il suo assistito possa essere presto ascoltato. L’uomo indagato, ad un giornale locale aveva smentito di aver preso parte alla rissa mortale ai danni del giovane Emanuele Morganti, asserendo anzi di aver tentato di difenderlo. Poi, era sceso in campo anche in difesa del figlio arrestato con l’accusa di omicidio volontario aggravato dai futili motivi, ed in merito aveva commentato: “Mio figlio Mario non ha infierito in niente non ha dato nessun colpo finale”.
Nella giornata di ieri ci sono state importanti novità nel caso di Alatri e che ha visto la morte del 20enne Emanuele Morganti, vittima di una violenta aggressione ed ucciso a sprangate. Un nuovo nome è stato iscritto nel registro degli indagati per il reato di rissa, in quanto anche lui presente al momento dell’aggressione ai danni del giovane. In contemporanea si era parlato di una vergognosa pagina apparsa sul social network Facebook e che aveva fatto indignare non poco amici e parenti del 20enne ucciso per l’odio che tenta di seminare anche in rete. Dopo essere stata prontamente oscurata grazie all’intervento della Polizia Postale, la pagina fake in questione, secondo il quotidiano Il Giornale, ieri sarebbe nuovamente riapparsa pubblicamente, sollevando l’indignazione generale. Sono state numerose, in tal senso, le nuove segnalazioni al fine di far sparire per sempre la vergognosa pagina da Facebook e dalla rete. Intanto sulla porta del locale di Alatri fuori dal quale si è consumata l’aggressione mortale, è comparso nelle passate ore un misterioso biglietto recitante: “Chi l’ha ferito non lo deve dire lui a noi. Siamo noi che dobbiamo andare a dire alla magistratura chi ammazzato quel ragazzo. E perché”. Lo scritto apparirebbe un ulteriore appello rivolto alla popolazione affinché possa raccontare la verità su quanto realmente accaduto la notte tra il 24 ed il 25 marzo scorso.
Le indagini sull’omicidio di Emanuele Morganti, il giovane 20enne ucciso a sprangate la notte di venerdì 24 marzo scorso, all’esterno di un locale di Alatri, proseguono spedite anche in un giorno di festa. Domenica 2 aprile, infatti, gli inquirenti hanno identificato e prontamente iscritto nel registro degli indagati un nuovo nome. Al momento, come rivela Il Giornale nella sua edizione online, non si conosce ancora la sua identità ma è si sa soltanto che si tratta di un uomo, anche lui presente al momento dell’aggressione mortale. La sua identificazione è stata possibile nell’ambito degli accertamenti in corso disposti dal procuratore capo di Frosinone, Giuseppe De Falco e che finora hanno portato all’arresto dei due fratellastri, Mario Castagnacci e Paolo Palmisano. Entrambi si trovano attualmente rinchiusi in isolamento nel carcere romano di Regina Coeli con l’accusa di omicidio volontario e si sarebbero avvalsi della facoltà di non rispondere. Per il solo reato di rissa, invece, sono numerosi i nomi degli indagati e che, secondo il quotidiano Il Tempo nella sua edizione online sarebbero attualmente sette, ovvero Franco Castagnacci, padre di Mario, Patrizio Palmisani, fratello di Paolo, quattro buttafuori del locale Miro di Alatri ed il giovane che diede il via alla rissa, iniziata all’interno della discoteca e proseguita all’esterno, dove Emanuele Morganti fu nuovamente colpito a colpi di manganello. Dopo una domenica di grande lavoro per gli inquirenti, i quali hanno proseguito nel sentire ulteriori persone, anche semplici spettatori del pestaggio ai danni del 20enne poi rivelatosi fatale, oggi sono attesi nuovi interrogatori a carico degli indagati da parte del procuratore capo di Frosinone Giuseppe De Falco e dei magistrati Adolfo Coletta e Vittorio Misiti. L’intento è quello di fare luce in modo definitivo sulle reali motivazioni che avrebbero portato all’aggressione mortale trovando conferma, o al contrario smentendo, la pista della vendetta avanzata nelle passate ore e che già si sarebbe andata affievolendosi presso gli ambienti investigativi. Mentre proseguono le indagini su una vicenda ancora ricca di molti lati oscuri, la morte di Emanuele Morganti nasconde anche un altro aspetto inquietante legato all’apertura di un profilo creato su Facebook contro il 20enne ucciso a sprangate. Ignoti avrebbero aperto una pagina fake dal titolo deplorevole – “Emanuele Morganti spacciatore” – inserendola nella categoria animali. Immediata la reazione di sdegno di parenti ed amici della vittima, i quali hanno prontamente allertato la Polizia Postale che è così intervenuta oscurando la pagina vergognosa e mettendosi a caccia dell’autore del profilo, nato con il solo intento di seminare odio, in una vicenda già caratterizzata da troppa acredine.