Un anno fa aveva fatto scalpore l’annuncio della nascita del primo bambino nato con il Dna di tre persone. A darne notizia era stato il settimanale britannico New Scientist, sottolineando l’obiettivo primario di interventi simili, mirati a evitare la trasmissione di malattie genetiche delle quali è portatrice la madre. Il piccolo era nato con i Dna del padre e d il Dna della madre oltre a quello di una donatrice il cui Dna è esterno al nucleo e contenuto nelle strutture delle cellule mitocondriali (cosiddetto Dna mitocondriale). La scelta era nata dopo la precedente esperienza della madre, portatrice della sindrome di Leigh, una malattia del sistema nervoso in via di sviluppo e che aveva provocato la morte dei suoi primi due figli. La suddetta malattia si trasmette da madre in figlio attraverso il Dna mitocondriale, da qui la scelta di una terza donatrice. L’intervento fu eseguito in Messico da un team medico statunitense ed ha permesso di evitare che il piccolo potesse ereditare la malattia dalla madre.
A distanza di un anno dall’annuncio del primo bambino nato con il Dna di tre genitori, sono stati resi noti i risultati ed i dettagli scientifici dell’intervento. Il caso provocò non poche polemiche ed oggi i riflettori si riaccendono sulla delicata questione dopo la pubblicazione avvenuta nell’edizione online della rivista Reproductive Biomedicine. Secondo gli esperti, un parere concreto sull’esito di tale intervento pionieristico, potrà compiersi solo nel lungo periodo, ovvero dopo i risultati a lungo termine relativi alla salute del piccolo. A realizzare la controversa operazione era stato il gruppo di John Zhang, del centro per la fertilità New Hope di New York. Per la sua realizzazione, gli esperti avevano trasferito il nucleo della madre affetta della sindrome di Leigh nell’ovocita della portatrice, il cui Dna mitocondriale non era a rischio. L’ovulo “modificato” è stato così fecondato e l’embrione è stato trasferito nell’utero della madre.
L’intervento attuato e che ha portato alla nascita del primo bambino avente tre patrimoni genetici è stato spesso oggetto di cattive interpretazioni: già lo scorso anno, infatti, ritenevano che l’unico Dna che identifica i genitori è quello nucleare, quindi non sarebbe del tutto esatto parlare di tre patrimoni genetici (dunque di tre genitori). Oggi, quanto pubblicato dal gruppo di Zhang avrebbe più a che fare con le tecniche usate per la realizzazione dell’intervento. Lo stesso John Zhang, come rivela Ansa.it, alla rivista Natura non ha però escluso il desiderio di voler andare avanti nello studio finora condotto. Se i risultati nel lungo periodo dovessero essere apprezzabili, infatti, questo porterebbe ad un importante passo in avanti nella prevenzione di malattie mitocondriali, come accaduto alla mamma affetta dalla sindrome di Leigh. In contemporanea alle novità in ambito scientifico, tuttavia, non si escludono accesi dibattiti e polemiche di natura etica.