Sono emersi nuovi particolari in merito alla telefonata effettuata dagli Stati Uniti per avvisare la Russia dell’imminente attacco alla Siria. «Take shelter or flee»: riparatevi o fuggite, questo il contenuto del messaggio con cui si è voluto evitare l’incidente, visto che nella base militare di al-Shayrat c’erano soldati russi. Sono stati avvisati con anticipo e sono stati concessi loro novanta minuti per mettersi al riparo o scappare prima dell’attacco con 59 missili Tomahawk. Stando al New York Times, che ha citato fonti ufficiali, circa cento soldati russi si trovavano nella base. È stata quindi attivata una linea di comunicazione militare con la Russia, che è stata poi chiusa dopo l’attacco. Stando a quanto riportato da Fox News, i rapporti tra le due superpotenze sono tornati ai minimi storici e lo dimostrerebbe l’avvistamento di una nave da guerra russa nel Mediterraneo, dove si trovano i due cacciatorpedinieri americani che hanno lanciato l’attacco. (agg. di Silvana Palazzo)



Sono per ora solo fonti del Pentagono ma riportano la possibile linea della Casa Bianca rispetto all’attacco missilistico contro la Siria di Assad: per gli Stati Uniti si sta verificando il possibili ruolo attivo avuto da Mosca nell’attacco chimico di Idib con gas sarin, di fatto la goccia che ha fatto traboccare il vaso della tensione internazionale contro Damasco. «E se Putin avesse partecipato all’attacco chimico?». Le prove non vi sono ovviamente, ma resta pericoloso come notizie del genere possano uscire in momenti come questi dove la tensione e la sfida diplomatica è in pieno atto sull’asse Trump-Putin. La Russia allo stesso tempo vorrebbe, come gli stessi Stati Uniti, avere una linea diretta per poter evitare nuove escalation di attacchi aerei nei cieli della Siria: forse da questo punto, piuttosto che dal primo, è possibile stabilire un lieve e nuovo dialogo per trovare un accordo che eviti al mondo un conflitto di fatto globale.



Dopo l’attacco di Trump alla Siria, poco fa su Facebook il premier russo Medvedev interviene molto duramente: probabilmente si tratta di una minaccia destinata a cadere come “semplice” reazione diplomatica e stabilizzazione delle posizioni internazionali, eppure suona comunque come inquietante. Scrive così il secondo di Putin, «attaccando una base aerea siriana, gli Stati Uniti sono arrivati ad un passo dallo scontro con la Russia». I toni sono altissimi e le tensioni sono tutt’altro che spente; ne è un esempio l’avanzata della fregata russa «Admiral Grigorovich» nel Mar Mediterraneo che si sta ricongiungendo con la flotta russa con missili da crociera Kalibr. Secondo Fox News, la mossa del Cremlino è quella di porre una provocazione vicino alla contraerea da dove sarebbero partiti i missili che hanno colpito la base aerea in Siria. In una giornata in cui un ulteriore scossone alle cronache internazionali è stato dato dall’ennesimo attentato in Europa, questa volta con un camion sulla folla nel centro di Stoccolma, la situazione delle forze diplomatiche dei Paesi più influenti al mondo è assai sotto stress. L’escalation di tensione è insomma più da guerra che non da periodo di pace.



Arrivano in questi istanti le prime parole del presidente siriano Bashar Assad dopo l’attacco subito dalla Siria nella notte nella base aerea da dove si presume siano partiti gli aerei per bombardare con armi chimiche e gas sarin i civili ribelli. «Un attacco irresponsabile e sciocco, quello che gli Usa hanno fatto non è altro che un atto folle e stupido che rivela la sua scarsa lungimiranza e la sua cecità politica e morale di fronte alla realtà». Durissima la lettura di Damasco, come del resto del vicino e alleato Iran che contro Trump scatena tutta la responsabilità di una possibile escalation in Siria nei prossimi mesi: «Gli Stati Uniti stanno combattendo in Siria e Yemen sullo stesso lato dei gruppi terroristici Isis e al-Qaeda», riporta il ministro degli Esteri Mohammad Javad Zarif. La mente, non solo per l’Iran, va allo scatenamento di altre guerre passate in cui gli Usa con la “scusa” delle armi chimiche in mano a dittatori mosse guerra, leggasi caso dell’Iraq nel 2003. Intanto si è venuto a sapere che pochi aerei jet siriani sono stati colpiti dai missili di Trump visto che molti erano già stati trasferiti prima dell’attacco: il forte sospetto che la Russia abbia avvertito Assad è del tutto fondato, dato che per primi gli Usa hanno avvertito prima dell’attacco alla Nato, all’Onu e anche alla Russia.

Una doppia reazione quella di Mosca all’attacco di Trump contro la Siria di Assad, avvenuto questa notte: dopo le prime parole di completo sdegno per quanto compiuto dagli Usa, Putin prova anche ad approfondire la vicenda punzecchiando Washington in un gioco puramente diplomatico, «è stato un flop, solo 23 missili sono andati a segno su 59. Ma resta un’aggressione contro uno Stato sovrano in violazione delle norme di diritto internazionale, su pretesti inventati», afferma il portavoce del Cremlino, Dmitrij Peskov. Non solo, secondo Mosca l’attacco degli Stati Uniti avrà anche un secondo effetto oltre ad aver colpito per motivi errati uno Stato legittimo come quello di Damasco, «non ci avvicina all’obiettivo finale della lotta contro il terrorismo internazionale, ma al contrario pone dei seri ostacoli per la costituzione di una coalizione internazionale per la lotta contro il terrorismo Isis». Intanto la Russia fa sapere di essere stata avvisata dell’attacco dagli Usa stessi prima dell’assalto missilistico contro la base aerea siriana dove pare fossero presenti fino a qualche ora prima propri uomini e forze russe. 

Ha appena finito di parlare da Palazzo Chigi il premier Paolo Gentiloni sulla situazione dell’attacco Usa alla base aerea in Siria che mette in forte pre-allarme per possibile guerra contro regime di Damasco. La posizione dell’Italia è al momento sostanzialmente allineata con quella di Francia, Germania e del resto Ue: appoggio agli Stati Uniti, risposta motivata alla violenza dell’attacco chimico del 4 aprile e denuncia dei crimini di guerra compiuti da Damasco. «L’azione americana, che noi appoggiamo, è una risposta motivata a dei crimini di guerra», è il fulcro del breve comunicato letto da Gentiloni. Che poi prosegue, «L’azione di questa notte come noto si è sviluppata nella base aerea da cui erano partiti gli attacchi con uso di armi chimiche nei giorni scorsi» (clicca qui per il video integrale dell’intervento di Paolo Gentiloni). La reazione di Mosca è però durissima e attacca su tutta la linea la scelta di Trump, di fatto appoggiata da tutte le maggiori forze mondiali nell’Onu: «un atto di aggressione con un pretesto assolutamente inventato, ricorda così la situazione del 2003 con l’attacco in Iraq», sono le parole di fuoco del Ministro Esteri russo, Sergey Lavrov.

Nella notte gli Stati Uniti lanciano 59 missili contro base del governo in Siria, come sostanziale risposta all’attacco chimico a Idlib (più di 100 morti con gas sarin lanciato su civili) di cui è accusata Damasco. Colpo di scena nel conflitto civile in corso in Siria tra ribelli anti-Assad e governo centrale, con gli Stati Uniti che se fino a pochi giorni fa sostenevano con coalizione internazionale il governo di Assad nella lotta contro il Califfato Isis presente in Siria ora di certo ribaltano la situazione. «Il governo siriano ha ignorato le sollecitazioni del Consiglio di Sicurezza nelle Nazioni Unite. È di vitale interesse per la sicurezza nazionale degli Stati Uniti prevenire e scoraggiare la diffusione e l’uso di armi chimiche letali», sono le parole di Donald Trump poche ore dopo i raid lanciati con missili Tomahawk contro la base aeree siriana da cui era partito, pare, l’attacco chimico di Idlib. Damasco parla ovviamente di aggressione contro Stato Sovrano e l’intero mondo resta con fiato sospeso per possibile guerra di stampo mondiale (la Russia di Putin è il principale alleato di Assad). Questa mattina il Pentagono ha fatto sapere che «il lancio di missili americano in Siria una risposta proporzionata all’attacco chimico»; non solo, il centro di comando Usa informa che l’attacco alla base siriana ha «ridotto la capacità del governo siriano di utilizzare armi chimiche».

Le primissime reazioni del mondo sono allarmate per quanto avvenuto nella notte con l’attacco in terra siriana degli Stati Uniti d’America per ordine di Donald Trump: dopo aver “avvisato” all’ultimo Consiglio di Sicurezza dell’Onu di prendere in considerazione l’idea di rispondere all’attacco anche senza il voto univoco delle Nazioni Unite (Russia ha messo il veto immediato) Washington questa notte ha fatto il primo passo e il rischio di un nuovo conflitto mondiale è temuto. Schierati subito a fianco del presidente Usa, il Regno Unito, la Turchia e Israele; la premier May, «da Usa risposta adeguata a barbaro attacco», mentre la Nato informa come «siamo stati avvisati prima dell’attacco Usa». «Vediamo gli attacchi come positivi, ma crediamo che questo dovrebbe essere completato», fermando regime del “barbaro” Assad, sono le parole del vice premier Numan Kurtulmus. È ovviamente del tutto contrario Vladimir Putin, che dalla Russia fa sapere come «un tentativo di distogliere l’attenzione della Comunità internazionale dalle numerose vittime tra la popolazione civile in Iraq». Mosca fa sapere poi con una seconda nota come l’attacco degli Stati Uniti sia del tutto «sconsiderato e pericoloso».