Continua il dibattito sulla declinazione al femminile delle professioni. Oggi si è assistito all’ultimo caso. Protagonista è stata Valeria Fedeli, responsabile del Ministero dell’Istruzione. Fedeli stava rispondendo ai giornalisti durante la conferenza stampa seguita all’approvazione dei decreti attuativi della legge sulla Buona Scuola. Mentre era appunto in corso la conferenza stampa a Palazzo Chigi al termine del Consiglio dei ministri che ha dato il via libera ai provvedimenti sulla scuola, un giornalista, Claudio Tucci del Sole 24 Ore, si è rivolto a Valeria Fedeli per una domanda, chiamandola ‘ministro’. Fedeli non ha aspettato che il giornalista le rivolgesse la domanda ma lo ha subito interrotto, infastidita dall’essere stata chiamata ‘ministro’. “Riesco a chiederle di chiamarmi ministra o è complicato?”, ha chiesto Valeria Fedeli al cronista. Il video, pubblicato da La Repubblica, è breve ma la polemica scoppiata in seguito è lunga.



Sotto al filmato infatti sono comparsi numerosi commenti degli italiani, per la maggior parte contrari all’utilizzo del termine ‘ministra’: in tanti ironizzano sul fatto che Valeria Fedeli abbia chiamato ‘laurea’ il suo diploma e c’è anche chi fa notare come non sia questo un tema rilevante nel nostro paese. Pochissimi i commenti a favore dell’uso di ‘ministra’ al posto di ‘ministro’ per le donne che ricoprono questo ruolo. E c’è chi tira in ballo anche l’Accademia della Crusca. Valeria Fedeli in realtà non avrebbe fatto altro che ricordare quanto stabilito già nel 2013 dall’istituzione linguistica italiana: “La Presidente dell’Accademia della Crusca, Nicoletta Maraschio (…) tiene a ribadire l’opportunità di usare il genere grammaticale femminile per indicare ruoli istituzionali (la ministra, la presidente, l’assessora, la senatrice, la deputata ecc.) e professioni alle quali l’accesso è normale per le donne solo da qualche decennio (…)” Clicca qui per leggere tutto.

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