Giosué Ruotolo grande protagonista dell’udienza di ieri alla Corte d’Assise di Udine nell’ambito del processo che lo vede come unico imputato per l’omicidio di Trifone Ragone e Teresa Costanza, i fidanzati di Pordenone freddati il 17 marzo 2015 mentre erano in auto nel parcheggio del palasport. L’ex militare di Somma Vesuviana, oltre a ribadire la sua innocenza e a negare di aver mai chiesto alla mamma di Trifone il pagamento di un debito di 20 euro che la vittima aveva contratto con lui, ha anche spiegato perché non disse a nessuno di essersi recato sul luogo del delitto – a suo dire per recarsi in palestra – il giorno della morte dei due fidanzati. Come riportato da Il Messaggero Veneto, Ruotolo ha spiegato:”Quando siamo andati sul posto, i commilitoni dicevano lo prenderanno subito, allora non ho detto a nessuno che ero stato lì perché non avevo visto nulla”. Quando il pm Vallerin ha obiettato che inizialmente si parlava solo di due persone morte in auto e non di duplice omicidio – di cui si iniziò a parlare dal mezzogiorno del giorno successivo – Ruotolo ha replicato:”Non ho ritenuto di dire nulla, sbagliando soprattutto a voi, perché non avevo visto nulla”. (aggiornamento di Dario D’Angelo)



Nella giornata di ieri è ripreso il processo sulla morte di Trifone Ragone e Teresa Costanza, l’affiatata coppia di fidanzati freddata il 17 marzo di due anni fa nel parcheggio del palasport di Pordenone. Unico imputato per il terribile duplice omicidio è Giosuè Ruotolo, ex militare 27enne di Somma Vesuviana, il quale nella giornata di ieri è tornato a parlare al cospetto della Corte d’Assise di Udine. Dopo aver ammesso, nella precedente importantissima udienza, di essere stato lui a realizzare ed inviare i messaggi molesti e minacciosi a Teresa, via Facebook, con la collaborazione degli altri due coinquilini, ieri per Ruotolo è stata la giornata delle smentite. Il giovane imputato e presunto assassino di Trifone e Teresa, come rivela Il Messaggero Veneto nella sua edizione online, è stato chiamato a rispondere ad una domanda secca, esposta dall’avvocato di parte civile Daniele Fabrizi: “Ha sparato lei a Teresa e Trifone?”. Altrettanto secca la replica del ragazzo di Somma Vesuviana: “Ma sta scherzando avvocato? Assolutamente no”. Giosuè Ruotolo, dunque, è tornato a ribadire la sua totale innocenza rispetto alle gravi accuse che da oltre un anno gli sono mosse, negando anche di avere sospetti su chi possa essere stato l’autore di un così tanto efferato delitto: “Sennò lo avrei detto”, ha aggiunto.



Ha negato di essere stato lui ad esplodere i sei colpi mortali nei confronti di Trifone e Teresa, ma nel corso della passata udienza, Giosuè Ruotolo ha aggiunto anche dell’altro. “Non ho chiesto soldi”, ha riferito con estrema sicurezza l’imputato, ed il riferimento è stato in modo particolare all’episodio reso noto dalla madre del militare di Adelfia ucciso, la quale riferì la triste circostanza, avvenuta dopo il delitto del figlio, nel corso della sua testimonianza in aula. “Rispetto il dolore di tutti ma non è una cosa che si è assolutamente verificata. Lo escludo categoricamente”, ha asserito a tal proposito Ruotolo, negando così di aver chiesto alla donna del denaro (circa 20 euro) per un debito presunto che lo stesso Trifone aveva nei suoi confronti. “Assolutamente non ho chiesto soldi alla mamma di Trifone, non aveva debiti con me”, ha aggiunto l’imputato, al cospetto della Corte d’Assise di Udine. Sempre secondo la madre della vittima, l’episodio si sarebbe svolto proprio nel giorno in cui il 27enne, insieme ad altri commilitoni, si recarono presso un hotel a Pordenone, per rendere le loro condoglianze ai parenti delle vittime, dopo aver appreso del duplice omicidio dei due fidanzati.



Ha parlato a lungo, Giosuè Ruotolo, nel corso della nuova intensa udienza del processo per il duplice omicidio di Trifone e Teresa. Dopo aver negato di aver sparato alla coppia e dopo aver smentito la richiesta di soldi alla madre dell’ex commilitone, il 27enne di Somma Vesuviana ha anche riferito di non essere più andato in palestra. Una decisione presa dopo il delitto dell’amico e della sua fidanzata, su esplicita richiesta della madre. “Mi sono messo nei suoi panni e ho cambiato palestra”, ha riferito, nel corso della lunga 23esima udienza a suo carico e che, dal passato appuntamento con la giustizia lo vede in qualità di protagonista assoluto. Lo scorso 31 marzo, infatti, Giosuè aveva iniziato ufficialmente il suo esame al cospetto della Corte d’Assise di Udine e ieri ha ripreso esattamente da dove aveva interrotto, ovvero dai messaggi via Facebook inviati dall’account “Anonimo anonimo” a Teresa. Anche nell’ultimo appuntamento in aula, dunque, si è dato spazio all’esame dell’imputato, nel corso del quale il presunto assassino di Trifone e Teresa ha potuto rendere nota la sua “verità”, rispondendo alle domande del pm Pier Umberto Vallerin e degli altri avvocati di parte civile.