Subito la svolta per il neo presidente eletto della Corea del Sud, Moon Jae-in con la linea morbida proposta durante la campagna elettorale nei confronti di nemici-vicini di Pyongyang: «visiterà la Corea del Nord ma a giuste condizioni», sono tra le prime parole del nuovo presidente di Seul eletto ieri e riuscito nell’impresa di battere il partito conservatore da anni dominante in Sud Corea. Un approccio che prova a tendere la mano verso Kim Jong-un, nel doppio tentativo di allontanare le minacce della guerra mondiale nucleare e anche la troppo influenza degli Stati Uniti finora avvenuta con tutti i governi che si sono succeduti a Seul negli ultimi 40 anni.
Parlando all’Assemblea nazionale durante la cerimonia di giuramento e insediamento, Moon ha confermato «approccio più morbido e di dialogo nel trattare con Pyongyang e le sue ambizioni nucleari e missilistiche», aggiungendo comunque che i partner principali restano gli Usa e la Cina. Insomma, tanti nodi al pettine che nei prossimi mesi Moon dovrà districare al più presto, onde evitare ulteriori escalation che avvicinerebbero il Paese (e non solo) vicino ad un conflitto nucleare. (agg. di Niccolò Magnani)
Continua il braccio di ferro contro la Corea del Nord e il piano per portare il Paese alla denuclearizzazione. Un requisito essenziale perché le due Coree possano riunirsi. La vittoria del candidato del Partito Democratico di Seul, Moon Jae-in riaccende i riflettori sull’evoluzione politica della Corea del Sud, ma nonostante il dato sia di importanza rilevante non soddisfa i piani previsti per Pyongyang. A rivelarlo è Enna Park, il vice Ministro per la pubblica diplomazia, che in un incontro con i giornalisti a Roma ha sottolineato come la vittoria di Seul non influisca sugli intenti di riunificazione. Questi ultimi invece dovranno essere considerati in un’ottica a lungo termine, mentre preme maggiormente avere un governo più stabile e diplomatico in Corea del Nord.
Dopo la Corea del Nord ora è la Cina a sperimentare un test missilistico contro le “minacce alla sicurezza nazionale”, come avverte il ministro della Difesa in un messaggio diffuso oggi. In questo caso non è ovviamente una minaccia per gli Stati Uniti d’America i cui rapporti Trump-Xi Jinping non sono certo paragonabili a quelli (inesistenti) tra Pyongyang e la Casa Bianca. Intanto però il governo di Pechino ha voluto battere un colpo importante sia nei confronti degli Usa e sia soprattutto contro la Corea del Nord, in modo da lasciare un messaggio “forte” contro le possibili mire espansionistiche del regime di Kim Jong-un. «I test di nuovi missili e armi sono stati condotti dalla “Rocket Force” dell’Esercito di liberazione del Popolo nei giorni scorsi e sono stati progettati per aumentare la capacità operativa delle forze armate in modo da gestire efficacemente le minacce alla sicurezza nazionale», rilascia il mistero cinese in mattinata. Non solo, le prove missilistiche cinesi potrebbero essere anche una risposta alquanto irritata dopo il dispiegamento del sistema anti-missile Thaad in Corea del Sud voluto dal presidente Donald Trump. (agg. di Niccolò Magnani)
Seul continua intanto a contrastare fortemente la possibilità di un intervento militare, come sottolinea una notizia Ansa. “La cosa più importante è disattivare la minaccia nucleare”, ha sottolineato Park nel suo intervento, ambito in cui si auspica che la Cina possa avere un ruolo fondamentale. Il governo asiatico è infatti la principale fonte di beni di prima necessità per la Corea del Nord, motivo per cui le sue richieste potrebbero essere ascoltate con maggiore interesse. Nel frattempo, Donald Trump continua a mettere in atto una pulizia massiva all’interno del suo governo, arrivando a licenziare nelle ultime ore il capo dell’FBI. Come ricorda La Stampa, James Comey è stato eletto durante il governo di Barack Obama ed ha avuto un ruolo centrale nel Russia Gate, riguardo a possibili collegamenti fra lo staff di Trump e fonti russe. “Segniamo un nuovo inizio per il nostro gioiello della corona delle agenzie di sicurezza”, ha sottolineato il Presidente americano in una nota, specificando che verrà nominato al più presto un sostituto di Comey.