In un clima internazionale sempre più teso, si solleva anche la voce della Corea del Nord che ha chiesto al neo Presidente Moon di dare uno stop alle aggressioni. E questo implica anche che gli Usa dovrebbero terminare le esercitazioni militari congiunte, in un’ottica che prevede Corea del Nord e Corea del Sud unite. Il tutto per “aprire un nuovo capitolo muovendo verso un miglioramento dei loro rapporti della unificazione coreana”, sottolinea Rodong Sinmun il giorno successivo alla salita al potere di Moon Jae-in. Nei giorni scorsi, sottolinea TgCom24, ill neo Presidente ha inoltre espresso il desiderio di fare visita alla Corea del Nord, ma non senza che vengano prima create “le giuste condizioni”. L’insediamento di Moon dimostra comunque un approccio più diplomatico e aperto al dialogo rispetto al suo predecessore, come confermato dal Presidente stesso durante l’Assemblea Nazionale. [Aggiornamento a cura di Morgan K. Barraco]



Mentre la Corea del Nord prosegue il suo programma e strategia missilistica nucleare e mentre la diplomazia di Corea del Sud, Cina, gli Usa stessi e la Chiesa in piccola parte cercano di trovare un modo di arrivare alla denuclearizzazione di Pyongyang, un fronte apparentemente minoritario rischia di riaccendere le tensioni antiche tra Cina e Usa. Un pacifico incontro sui diritti umani rischia di ottenere l’esito esatto opposto: Nancy Pelosi (leader della Casa dei Democratici Usa) è volata in India per incontrare il capo spirituale del Tibet, il Dalai Lama e la Cina non l’ha presa per nulla bene. «È un esiliato politico che usa il mantello della religione per nascondere le sue mire separatiste anti-Cina», scrive il ministro cinese degli Affari Esteri, attaccando gli Stati Uniti per aver incrinato un dialogo già complesso in questo periodo di forte pericolo per tutti i protagonisti della vicenda nordcoreana.



«La visita di una rilevante delegazione del Congresso degli Stati Uniti per incontrare il Dalai Lama – ha detto ancora Shuang – ha mandato un segnale molto forte al mondo riguardo all’indipendenza del Tibet e va contro le promesse statunitensi sulla questione tibetana. La Cina si oppone fermamente a questa visita e ha inviato una solenne rimostranza agli U.S.A». Ancora Trump sotto accusa per la sua politica esterna non “attenta” a tutti i problemi e le vicende in atto: si attendono risposte nelle prossime ore e potrebbero necessitare di una qualche via di mezzo “accomodante” per tutti.



Nuova prova di forza dell’amministrazione Trump contro la Corea del Nord: il numero 1 della Cia, Mike Pompeo, ha svelato e presentato ieri il “Korea Mission Center”, una sorta di task force anti-regime coreano per provare a limitare nel futuro il programma nucleare e missilistico di Kim Jong-un. La terza guerra mondiale si vuole evitare ma ancora una volta alzando i toni e non presentando un “ben disposto” atteggiamento di distensione: «questa task force consentirà agli Usa di combattere in maniera più efficace la minaccia rappresentata dal regime di Kim Jong-un», spiega alla Casa Bianca il numero 1 dell’intelligence americana. A capo della Korea Missione Center vedrà a capo un militare veterano della Cia che ovviamente non viene rivelato nella sua identità: questa speciale task force segue “l’esempio” delle altre già esistenti per Africa, Oriente e antiterrorismo-Isis. Un appoggio dunque ancora più aggressivo per il presidente Usa che dispone così con questa task force non solo delle risorse Cia ma anche di quelle di tutte le altre agenzia federali di intelligence.

Nello scontro continuo e totale, quasi da guerra mondiale, tra Usa e Corea del Nord la giornata di ieri ha visto l’importante e clamoroso licenziamento del capo Fbi da parte di Donald Trump, proprio per un presunto dossier che coinvolge le pressioni tra Usa e Russia durante la scorsa campagna elettorale americana. Le vicende internazionali proseguono, nonostante i proclami di Trump prima di essere eletto presidente, nell’avere un importante eco su tutta la politica Nato e Usa in generale; lo scontro pre-missilistico con Pyongyang rappresenta di certo lo sfondo più inquietante e preoccupante dell’intero scenario internazionale di questo tempo. Da questo punto di vista però l’elezione del neo presidente sudcoreano, il cattolico e democratico Moon Jae-in, potrebbe essere un piccolo ma significativo passo verso una lieve distensione nella Penisola delle Coree; le prime parole di Moon vanno di fatto in questa direzione, come promesso in campagna elettorale. «Con Pyongyang voglio un dialogo sincero e aperto, andrò in visita qualora ci saranno condizioni che lo permettono».

Su questa linea spinge anche la Chiesa di Seul che tramite l’Arcivescovo Kim Hee-jung (pres. della Conferenza Episcopale della Corea) ha messo in campo tutto l’armamento diplomatico per scongiurare la terza guerra mondiale: «Auguriamo che egli guidi la nazione secondo lo spirito della costituzione: una nazione in cui anche i deboli nella società possono godere la dignità umana; una nazione in cui tutti possono esprimere la loro opinione apertamente senza limitazioni della libertà di pensiero e di coscienza; una nazione in cui si sviluppano le regioni secondo i principi di uguaglianza ed equilibrio», scrive nel messaggio di benvenuto il Capo della Chiesa coreana. Sul fronte Nord Corea, l’Arcivescovo aggiunge poi, «auspichiamo che il presidente presenti la sua visione e la filosofia di governo operando per la coesistenza tra la Corea del Sud e del Nord, lavorando per la pace del popolo coreano e per una riconciliazione tra le due Coree». Un piccolo passo pubblico, ma un grande e profondo “tourbillon” di scambi diplomatici tra la Chiesa e gli ambasciatori di Usa, Cina e Coree: basteranno nei prossimi mesi a scongiurare la temibile e più grave minaccia nucleare mai vista nella storia dell’umanità?