Elisabetta Ballarin lascia il carcere: la donna condannata per un delitto delle Bestie di Satana ha ottenuto l’affidamento in prova. Lo ha deciso il tribunale di sorveglianza di Brescia. Dallo scorso anno stava godendo della semilibertà, rientrando solo di notte nel carcere di Verziano, in provincia di Brescia, ma questo nuovo provvedimento elimina quest’obbligo. Nel 2013, invece, ha inoltrato la richiesta della grazia al Capo dello Stato: la pratica è stata istruita e sottoscritta dall’Associazione Carcere e Territorio e dall’allora sindaco di Brescia Adriano Paroli. In carcere intanto ha studiato e ottenuto una doppia laurea: nel 2012 quella di primo livello in “Didattica dell’arte”, conseguita presso l’Accademia Santa Giulia, mentre presso lo stesso ateneo nel 2015 ha ottenuto quella specialistica in “Grafica della Comunicazione”. Grazie ai risultati conseguiti nel 2014 a Elisabetta Ballarin fu assegnato da Confocooperative Varese la borsa di studio intitolata alla memoria di sua madre, scomparsa poco prima, consegnatole dal papà della vittima del delitto al quale aveva preso parte, Silvio Pezzotta.
È stata condannata a 22 anni di carcere per la morte di Mariangela Pezzotta: il 29 gennaio 2004, quando aveva poco più di diciotto anni, fu coinvolta nell’omicidio dall’allora fidanzato Andrea Volpe. Quest’ultimo fu autore con Nicola Sapone del delitto da cui emersero gli orrori delle Bestie di Satana. Il gruppo era costituito da cinque membri, che vennero accusati dell’omicidio e occultamento di cadavere di Mariangela Pezzotta, Fabio Tollis e Chiara Marino e dell’induzione al suicidio di Andrea Bontade. Con l’omicidio di Mariangela Pezzotta cominciò il lavoro degli investigatori. Pressoché in flagrante furono individuati Andrea Volpe, l’ex fidanzato della vittima, e Elisabetta Ballarin. Da questo delitto la magistratura scoprì gli altri omicidi delle Bestie di Satana. Il giorno dell’omicidio Andrea Volpe ebbe una violenta discussione con Mariangela Pezzotta: le sparò e la ferì, poi la finì a badilate. Il ragazzo raccontò di averla chiamata per metterla in guardia. «Quando è arrivata, Elisabetta imbracciava il fucile. Era a scopo intimidatorio. Ma poi ci siamo messi a bere per festeggiare il suo compleanno, Elisabetta è andata in cucina a preparare il caffè e io e lei ci siamo messi a litigare. Allora ho caricato l’arma e ho sparato», raccontò Volpe.