Il fine vita è decisamente donna. Il dato è emerso dall’analisi dei documenti presentati dagli italiani per il testamento biologico. La legge è ancora al Senato, ma intanto 15mila cittadini hanno scaricato il documento dal sito dell’Associazione Coscioni che ha organizzato (e continuerà a farlo) tavoli con notai per raccogliere migliaia di altri testamenti biologici. Di questi documenti quasi 7 su 10 portano la firma di donne. Sono soprattutto loro, dunque, a indicare cosa dovranno fare i medici e come dovranno comportarsi i parenti, nel caso in cui non avessero modo di comunicare le proprie volontà. In grande maggioranza si tratta di donne tra i 45 e 55 anni, tra Lombardia e Lazio.
Le donne organizzano e programmano, anche il fine vita. Si occupano dei figli, si prendono cura anche dei genitori e vanno a lavoro, ma non trascurano il domani, anzi lo tengono in considerazione pensando anche a chi gli sta accanto per evitar loro decisioni difficili e dolorose. La spiegazione è anche culturale: le donne, avendo forse un rapporto più diretto con il loro corpo e la tendenza a prendersi cura di quello altrui, si occupano anche di questioni così delicate come il fine vita. «Sicuramente conta anche la voglia di non far pesare sugli altri decisioni difficili, non lasciare responsabilità pesanti a chi resta. E quindi decidono loro, prima», la spiegazione fornita da Caterina Tabasso, psicoanalista junghiana dell’Apia, a Repubblica.it.
I dati nel dettaglio: solo il 37,8% sono uomini e hanno in media 52 anni. L’analisi dei dati è anche geografica: più testamenti biologici sono stati sottoscritti nell’Italia Nord Occidentale (34%), poi dall’Italia Centrale (26,3%). Soprattutto in Lombardia (21,6%), seguita dal Lazio (13,9%), Emilia Romagna (9,3%) e Toscana (8,5%).