Un vaccino è meno “artificiale” di un farmaco creato in laboratorio; è semplicemente l’evoluzione su vasta scala dell’intuizione che ebbe Edward Jenner notando che chi aveva contratto il vaiolo dalle mucche, quindi in maniera non patologica, non lo contraeva nella forma grave, quella umana. Perché il nostro organismo si corazza contro le avversità biologiche che incontra, producendo cellule immunitarie specifiche che resteranno per anni di guardia, pronte a moltiplicarsi e produrre anticorpi contro quello specifico germe se si ripresentasse in forma aggressiva e virulenta. Così Jenner pensò di far entrare in contatto volutamente soggetti sani col vaiolo vaccino, e il risultato fu che questi non si infettavano di quello umano. Subito anche Napoleone capì l’importanza del ritrovato e rese il vaccinarsi per il vaiolo obbligatorio nel suo esercito. Da allora una serie di successi hanno fatto seguito ai vaccini che hanno trovato applicazione contro varie malattie infettive: dal vaiolo ora scomparso, alla difterite, poliomielite, tetano, gravissime malattie ormai rarissime.
Il Center for Disease Control statunitense spiega che i vantaggi del vaccinare un bambino sono di lunga superiori agli svantaggi. E fa questo l’esempio: “Ci sono circa un milione di parole nei sette libri della serie di Harry Potter; se supponiamo che ogni parola rappresenti una vaccinazione, allora una sola parola, da qualche parte, nelle 4.224 pagine totali, rappresenta una grave reazione allergica al vaccino”. Insomma i vantaggi per la salute sono fortemente maggiori dei rischi; basti pensare che contraendo il morbillo si ha una possibilità su 1.000 di avere un’encefalite, più il rischio di contrarre altre patologie; chiunque assume medicine al momento opportuno sa che ci possono essere effetti collaterali, ma che il beneficio è maggiore del basso rischio, tanto che l’Organizzazione mondiale della sanità ha lanciato nel 2012 il Global Vaccine Action Plan, che permetterà entro il 2020 di salvare milioni di vite in tutto il mondo attraverso l’estensione e l’accesso globale alla vaccinazione.
E’ dunque un problema di responsabilità vaccinarsi, in particolare vaccinare i figli; responsabilità verso di loro e verso gli altri: solo con vaccinazioni estese si superano le epidemie.
Ora, il fatto che le campagne di vaccinazione abbiano avuto un buon effetto porta a vedere intorno a noi meno malati di malattie infettive e questo può far abbassare la guardia e pensare che “tanto a me non mi tocca” e non vaccinarsi. Per far fronte a questo problema, che potrebbe riportare in vita malattie infettive che stavano sparendo, alcuni Stati adottano misure di vario tipo. In Pakistan ad esempio è prevista la reclusione per i genitori che non fanno vaccinare i figli; in Israele per implementare la vaccinazione antipolio si è fatto fortemente perno sul senso di solidarietà sociale; in Usa nel 2015, dopo un’epidemia di morbillo, la California seguì l’esempio di Mississippi e West Virginia nel togliere la possibilità di non vaccinarsi per motivi religiosi o filosofici, e impose il divieto dell’accesso a scuola (e nei parchi tematici) dei bambini fino alle scuole secondarie se non avevano avuto la vaccinazione prescritta dalle tabelle nazionali. In Australia lo Stato dal 2016 taglia i fondi-sanità alle famiglie che rifiutano la vaccinazione. In Germania dal 2014 la Corte Suprema ha stabilito che l’accesso a scuola può essere vietato in assenza della vaccinazione contro il morbillo. In Europa, come per tanti altri problemi, la situazione è variegata, e gli Stati si stanno attrezzando per bilanciare libertà personale e salute dei minori che non sono responsabili delle scelte dei genitori, e degli estranei che possono risentire di un contagio diffuso da chi non si vaccina. Andrzej Grzybowsky e altri colleghi sula rivista Pathogenesis and Global Health di maggio 2017 invitano ad una soluzione monetaria: far pagare a chi si ammala per non essersi vaccinato tutti i costi della malattia, della degenza e della cura senza che questo sia a carico della collettività.
Si tengano ben presente le fake news e le disinformazioni in questo campo: la rivista Human Vaccines and Immunotherapeutics di aprile riporta un articolo dal titolo significativo: “I rischi sottovalutati della presenza sui social media dei gruppi antivaccinazione”, in cui gli autori fanno documentati esempi di disinformazione nella campagna antivaccini. Chi si voglia documentare, comunque ha delle fonti autorevoli: i testi online dell’Organizzazione mondiale della sanità che riporta tutto quello che si vuol sapere sui vaccini, concludendo che ne vale la pena, e anzi sono la salvezza di milioni di persone.
C’è un passo in più: siccome la medicina concorda sull’utilità dei vaccini, da dove viene la moda di volerne fare a meno? Non sarà che viene dal fatto che la gente non si fida più del medico? Se il rapporto con chi è abilitato a parlare di medicina e salute è diventato burocratico e aziendalistico, se superato il dannoso rapporto paternalistico si è finiti in un rapporto quasi mercantilistico, di medico-operatore e di malato-cliente, come si potrà trovare una strada per far arrivare al paziente l’informazione giusta e vera che prima passava da un rapporto di fiducia? Chi troverà una strada per superare la perdita di stima verso un mondo medico che fa poco (e a poco viene istruito) per riconquistarla dall’ambito aziendale in cui sembra relegato?