La benedizione e il saluto di Francesco, durante il Regina Caeli di ieri, alla manifestazione detta “Passeggini vuoti” è stata una bella sveglia. Il Forum delle famiglie davanti al Colosseo e lungo i Fori Imperiali aveva proposto un gesto emblematico: carrozzine, passeggini, seggioloni senza nessuna creatura che vi si agitasse, reclamasse un bacio o la pappa. Il vuoto che è sinonimo di morte. Invece… Non si tratta di agitare le bandiere della vita, ma di mostrare la bellezza dell’essere madri e figli, e l’assurdità del rifiuto di questo dono.
Trascrivo le parole del Pontefice: “Saluto i partecipanti all’iniziativa denominata ‘Passeggini vuoti’ e il gruppo delle mamme di Bordighera: il futuro delle nostre società richiede da parte di tutti, specialmente delle istituzioni, un’attenzione concreta alla vita e alla maternità. E questo appello è particolarmente significativo oggi mentre si celebra, in tanti Paesi, la festa della mamma, ecco!; ricordiamo con gratitudine e affetto tutte le mamme, anche le nostre mamme in Cielo, affidandole a Maria, la mamma di Gesù. E adesso vi faccio una proposta: rimaniamo alcuni istanti in silenzio, ognuno pregando per la propria mamma”.
Non ha trascurato nessun livello, papa Bergoglio. Non ha separato l’affetto per la propria madre dalle implicazioni politiche della maternità. Non a caso questo appello è coinciso con il ritorno da Fatima, dove la “Bella Signora” si incontrò con tre bambini, che dedicarono tutto di se stessi, proprio da bambini, al Cuore Immacolato. Ieri il Papa ha usato esattamente questa formula “Cuore Immacolato”. Togliamo dunque via i pregiudizi e le scorie pietistiche da questa definizione: vuol dire che in primis ciascuna persona, ma anche la società nel suo insieme, e la politica, devono cercare di pulsare come quel cuore che ha accettato di portare in grembo il Figlio di Dio. Dire di sì alla vita, a quella vita, è stato l’atto più rivoluzionario e pacifico della storia dell’universo. Protagonista è stato Dio insieme a una ragazza.
Insomma, impariamo dalla scelta di maternità della Vergine, che per difendere il figlio del suo seno dovette fuggire — profuga — con Giuseppe in Egitto. Da cui poi quando la persecuzione parve acquietarsi per la morte di Erode, rientrò in patria.
Qualcuno aveva equivocato l’appello del Papa ad accogliere i profughi e i migranti per riempire il vuoto demografico. Quasi che fosse un’ideologica presa d’atto di una sterilità irrecuperabile del nostro popolo. In realtà, lo sappiamo tutti molto bene e l’esperienza lo conferma: chi decide di accogliere i profughi, con il sacrificio di sé, è perché innanzitutto ha saputo e sa accogliere il dono della vita che sboccia dentro la propria famiglia, dalla fecondità degli sposi (se Dio la concede). Accadde lo stesso, negli anni 80, quando nacque “Famiglie per l’accoglienza”, e don Giussani sostenne vigorosamente questa opera, e parlò di gente che brillava (“fosforescente”) nella massa anonima perché resa capace dalla grazia e dalla propria libertà di questa apertura.
Mi piace sottolineare questa filiera di significato offerta da Francesco ieri. L’amore alla propria mamma, la preghiera silenziosa per lei, ci fa essere come lei, capaci di maternità (e paternità). Ci dà fiducia per il futuro, speranza non sentimentale ma ancorata alla verità, che rende desiderosi e non paurosi nel voler dare alla luce un bambino, o nel difenderlo.
Il Papa a Fatima si è definito “pellegrino di speranza e di pace”. I due pastorelli canonizzati sabato, Francesco e Giacinta, morirono pochi anni dopo, con molto dolore. Eppure dentro una pace e una speranza che ancora adesso muovono milioni di persone. Mai nessun istante della vita di un bambino è buttato nelle fogne della storia. Tutto questo il Papa lo ha proclamato con la canonizzazione dei due piccini.
Questa coscienza non può che flettersi fuori dal proprio orto famigliare, chiedere alle istituzioni di farsene carico. Altrimenti a cosa serve la politica, la democrazia se non serve questa elementarità dell’esistenza umana? Non è un gioco di parole ma sostanza. Riscrivo le parole del Papa: “Il futuro delle nostre società richiede da parte di tutti, specialmente delle istituzioni, un’attenzione concreta alla vita e alla maternità. E questo appello è particolarmente significativo oggi mentre si celebra, in tanti Paesi, la festa della mamma”. Ecco, qualcuno dica queste parole in Parlamento, e ne tragga le conseguenze operative, se no in vuole accontentarsi di essere una mummia.