Javier Valdez Cardénas, giornalista messicano di 50 anni, è stato ucciso ieri a Culiacan, capitale dello Stato di Sinaloa, lo stesso del Chapo. Valdez, corrispondente per il quotidiano La Jornada, era specializzato nelle inchieste sul narcotraffico. La denuncia della collusione fra le istituzioni e i cartelli della droga, gli avevano attirato le antipatie di entrambe le parti, che Valdez era solito pungere sul settimanale Riodoce nell’editoriale intitolato Malayerba (erba cattiva). L’esecuzione di Valdez, come riferisce La Repubblica, è avvenuta per strada, a pochi metri dalla sede della rivista dalla quale si stava allontanando. Il killer ha seguito Valdez e ha sparato diverse volte mentre l’ignaro giornalista si apprestava a prendere la sua auto. Il corpo di Javier Valdez è rimasto a lungo disteso sull’asfalto con il viso coperto esclusivamente dal cappello di paglia che il giornalista era solito portare.
Valdez era un vero e proprio punto di riferimento per quanti intendevano approfondire la questione dei narcos. Nemmeno nei periodi più rischiosi, in quelli in cui le faide tra i cartelli della droga si facevano più violente, il giornalista si era convinto ad abbandonare la sua Culiacan. La sua uccisione è un messaggio chiaro a tutti i suoi colleghi: non ficcate il naso nelle questioni dei narcos. Per il Messico quella di Valdez è l’ennesima uccisione in un 2017 di sangue. Soltanto la scorsa settimana alcuni reporter erano stati circondati da un gruppo armato, comprendente anche bambini, e costretti a consegnare le attrezzature, mentre Miriam Rodriguez, madre di una ragazza desaparecida, rapita e uccisa nel 2012, è stata assassinata dai killer di un cartello. Valdez, autore di numerosi libri sul fenomeno del narcotraffico, nel 2011era stato premiato con il “Maria Moors Cabot” dalla Columbia University che aveva definito “eroico” il lavoro suo e quello dei suoi collaboratori.