La Corea del Nord è pronta a rispondere ad un possibile attacco americano, per questo continuerà a produrre armamenti nucleari e mezzi di azione sofisticati e diversificati, preparandosi a nuovi test. Lo ha rivelato l’agenzia ufficiale Kcna, mentre gli esperti – come riportato da SkyTg24 – esprimono il timore che venga effettuato un altro test nucleare o addirittura provato un missile balistico intercontinentale (Icbm). Il diplomatico della Corea del Nord presso le Nazioni Unite, Ju Yong Choi, ha invece dichiarato che il lancio del test è stato un legittimo atto di autodifesa previsto dal diritto internazionale, accusando gli americani di «violenta violazione della sovranità e della dignità di Pyongyang». Oltre il confine, però, le preoccupazioni aumentano con il crescente numero di test di questi mesi: Han Min-koo, ministro della Difesa della Corea del Sud, è preoccupato per il veloce stato di avanzamento del programma missilistico della Nord Corea. (agg. di Silvana Palazzo)
Botta e risposta a distanza tra l’Onu e la Corea del Nord, quindi la tensione resta alta e non si placa l’allarme relativo al possibile scoppio di una Terza guerra mondiale. Il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite ha condannato l’ultimo lancio missilistico, minacciando un inasprimento delle sanzioni. I 15 Paesi membri hanno esortato Pyongyang a mostrare «un impegno sincero alla denuclearizzazione attraverso azioni concrete», evidenziando l’importanza di «lavorare per ridurre le tensioni». Quindi, l’Onu ha intimato alla Corea del Nord di «non condurre altri test di missili balistici e nucleari». In particolare, l’ambasciatore francese al Palazzo di Vetro, Francois Delattre, Pyongyang «continua a giocare la doppia carta della provocazione e dell’escalation». La risposta della Corea del Nord non è affatto rassicurante: Pak Jong-hak, direttore per gli Affari asiatici del ministero degli Esteri, ha anticipato che continueranno ad effettuare test missilistici con testate atomiche più piccole e diversificate. (agg. di Silvana Palazzo)
Con gli Usa impegnati su più fronti, dalla denuncia dei forni crematori in Siria, alle rivelazioni di informazioni altamente riservate fatte da Trump alla Russia, fino alle tensioni con la Corea del Nord, lo scenario di una Terza Guerra Mondiale pronta a scoppiare da un momento all’altro non sembra poi così campata in aria. Lo scenario più caldo, comunque, resta sempre quello di Pyongyang, a maggior ragione dopo l’ennesimo test missilistico ordinato da Kim Jong-un nei giorni scorsi. Come riportato da TgCom24, sulla vicenda ha preso posizione di nuovo la Casa Bianca, con il suo portavoce Sean Spicer che interpellato sull’ultimo lancio del missile ha ribadito che la Nord Corea rappresenta una minaccia “per gli Stati Uniti e per i Paesi vicini”. Spicer ha auspicato una maggiore collaborazione nella gestione del dossier Pyongyang:”Chiediamo a tutti Paesi della regione e in particolare alla Cina di fare il possibile per risolvere la situazione e portare stabilità nella regione”. (agg. di Dario D’Angelo)
Non solo Corea del Nord: la minaccia globale di una possibile “terza guerra mondiale” è sempre presente, magari più latente, nel teatro di devastazione e divisione all’interno dello stato retto dal regime di Bashar Al Assad. È proprio in Siria che da oggi scattano nuovi colloqui di pace e l’accusa arrivata alla vigilia suona come un altro clamoroso colpo di scena nel difficilissimo “dialogo” tra Usa, Siria, Russia e Ue rispetto alle famose “armi chimiche” utilizzate (forse) da Assad nel celebre attacco omicida dello scorso febbraio. Il regime ha sempre smentito l’accusa di Trump ma il livello dello scontro da quel giorno è terribilmente più alto, tanto da richiedere nuovi colloqui previsti da oggi: «Assad sta impiccando cinquanta persone ogni giorno e usa i forni crematori per sbarazzarsi dei corpi degli oppositori uccisi», sono le accuse gravissime degli Stati Uniti contro la Siria che infiammano subito i colloqui precisi a Ginevra.
Il responsabile del Dipartimento di Stato per il Medio Oriente Stuart Jones ha spiegato di avere prove dell’esistenza di una fornace, vicino al carcere di Sednaya, la prigione militare a nord di Damasco: in quel fondo sarebbero stati gettati i corpi dei prigionieri morti dopo esecuzioni di massa, secondo le accuse di Amnesty International, governo Usa e intelligence. Con tanto di immagini diffuse via stampa, il Dipartimento di Washington prova a convincere gli alleati internazionali dell’esistenza di un forno crematorio in quel carcere militare: «Il mondo – ha detto Stuart Jones – assistente segretario per gli Affari esteri del Vicino Oriente, è di fronte a nuovi livelli di depravazione raggiunti dal regime di Bashar Assad».
Orrori ancora al centro di possibili escalation pronte a trasformarsi in autentici scontri diretti tra gli Stati Uniti e il principale alleato e “protettore” di Assad, quel Vladimir Putin sempre più irritato per gli atteggiamenti americani in politica estera (anche se il Cremlino resta anche molto dubbioso rispetto al ruolo di Assad, non più “incrollabile” alleato, ndr). «Primo non puoi alzare la testa e guardare i secondini in faccia. Pena la morte. Ho visto molta gente essere uccisa così», racconta al Corriere della Sera uno dei sopravvissuti di quel carcere degli orrori, che poi aggiunge, «l’altra regola è quella del silenzio: i prigionieri non possono parlare tra loro, nemmeno sussurrare».
Dopo le rivelazioni dell’amministrazione americana alla vigilia, i Colloqui di Pace in Siria come potranno prendere parte e secondo quali scenari si svilupperanno? La tensione da guerra mondiale purtroppo è sempre presente, e quanto avverrà oggi fino al prossimo 19 maggio a Ginevra potrà dire molto anche sui prossimi passi di Usa, Russia e Onu stesso. La riunione è stata indetta per questa prossima per poter ottimizzare alcuni risultati “potenzialmente promettenti” dopo il recente incontro di Astana tra Russia, Turchia e Iran, «sfociato in particolare in un’intesa per creare zone di de-escalation nel Paese in conflitto», riporta l’Ansa.
Secondo l’invito dell’inviato Onu in Siria, Staffan de Mistura, «vogliamo connettere per quanto possibile questi risultati con un orizzonte politico. Sappiamo tutti che un cessate il fuoco o una de-escalation non funzionerà mai in assenza di un orizzonte politico a lungo termine». L’intento lodevole però rischia di scontrarsi con le tensioni scatenate dalle rivelazioni Usa e dalle forti perplessità della Russia, ora non più sul “solo” fronte nordcoreano, bensì nel pieno dello Stato devastato da guerra intestine e dalla presenza ancora non sconfitta dell’Isis.