Che Raffaele Cantone non si meravigli dei fatti di Capo Rizzuto e che anzi li consideri la punta di un iceberg ben più imponente non è una notizia che conforti il lettore, che ogni giorno apprende nuove indagini su corruzioni, maneggi, violenze.

Ma se quel tale ascolta le dichiarazioni del procuratore di Catanzaro su ciò che mangiano i migranti, e nemmeno tutti, nel luogo in cui sono ospitati, “cibo che si dà ai maiali”, e non si indigna, e non si vergogna, e non si intristisce, allora è veramente una cosa desolante.



Il cibo sostiene la vita fisica di ogni essere vivente, tanto che la lotta per nutrirsi connota ogni specie. E’ dunque indispensabile e come tale offrirne è diventato fin dalle più antiche civiltà segno di ospitalità e di amicizia per l’esule, per il povero, per lo straniero. Tra le tante ricchezze della nostra terra quante cose buone possiamo mangiare. La cucina contadina alla quale attinge tutta l’esagerata moda del food è fatta di elementi semplici, sani e a basso costo. Il meridione è noto in tutto il mondo per i suoi prodotti e per i suoi piatti sani e nutrienti.



La gestione del centro di accoglienza di Isola Capo Rizzuto ha rubato dunque l’essenziale, ha avvilito la dignità di uomini già provati da tante battaglie, non ultima quella con il mare, proprio fornendo un nutrimento meno che umano. E non si osi usare il pretesto di una crescita dei costi a causa del numero degli ospiti. Non si osi, perché non è credibile: ognuno sa quanti modi ci sono per ovviare a una presunta scarsità di cibo.

C’è poi un altro aspetto: chi lo prepara questo cibo, chi lo cuoce, chi lo distribuisce non può non vedere. E ha taciuto. Tutti conniventi dunque, dalle più alte autorità allo sguattero. Per non perdere il posto di lavoro, certo, dal cadreghino alle pentole. Ma tutti zitti, a vedere uomini trangugiare poco cibo per maiali.



Ognuno può pensarla come vuole sui migranti: che bisognerebbe farli stare a casa loro, che l’Europa ha lasciato solo lo stato italiano, che le ong trattano con gli scafisti, che i flussi andrebbero regolati, che i morti non si dovrebbero portare a riva, e tante altre cose.

Ma non c’è parere che tenga di fronte allo scandalo di coloro che, una volta accolti i profughi a spese dello stato, nutrono altri uomini come animali, perché se è così per il cibo, chissà che cosa deve essere per la pulizia, per l’igiene, per le relazioni. Solo Uno, tanti anni fa in Palestina, ha moltiplicato i pani, ma quanti oggi in Italia sono maestri nella divisione dei soldi, nella sottrazione dei diritti, nella addizione dei profitti.

Si conoscono anche i nomi di molti di loro. Tra di essi quello di un sacerdote che pare essere a capo di una contabilità che prevede anche l’assistenza spirituale ai rifugiati. Per tutti è uno scandalo, per il laico che vi trova motivo per avversare la presenza clericale negli affari dello stato, per il credente che soffre dell’avarizia dei preti, per dirla con Guicciardini, e là dove cerca una guida trova il lupo rapace. 

L’uomo sa la propria e l’altrui debolezza, ma spesso se ne dimentica. E asseconda, anziché contrastare, la cattiva tendenza che è in lui. E quando questo dura mesi, anni, non è più debolezza, ma progetto e vizio. Menzogna e furto si intrecciano e diventano tradimento innanzitutto della propria umanità e poi tradimento del proprio compito civile o religioso.