Il delitto di Daniela Roveri, manager d’azienda uccisa in circostanze misteriose la sera del 20 dicembre scorso, resta ancora irrisolto, sebbene siano passati ormai quasi cinque mesi. Chi ha ucciso la donna 48enne dalla vita all’apparenza limpida? E’ questo il quesito che dal giorno dell’omicidio, avvenuto nell’androne del suo palazzo a Colognola, Bergamo, tormenta gli inquirenti e i familiari della donna. Sono serviti pochi secondi, al suo assassino, per porre fine alla vita di Daniela, colta di spalle e uccisa con un colpo secco alla gola, sferrato in modo violento con un coltello. Poi la fuga, senza che nessuno si sia accorto di nulla, fino al ritrovamento del cadavere della manager.
Ci si domanda ad oggi come l’assassino non sia stato notato da anima viva, né ripreso dalle telecamere della zona. Eppure il delitto si è consumato intorno alle 20:30, un orario in cui quasi certamente il quartiere era ancora popolato, sebbene fosse pieno inverno. Le indagini da allora non si sono mai fermate, anche in seguito all’importante svolta sopraggiunta nelle ultime settimane, con l’individuazione sul viso e su un dito della vittima di un Dna sconosciuto, prontamente isolato e sottoposto ai necessari accertamenti. Potrebbe appartenere al killer di Daniela Roveri? Interrogativo, questo, sul quale attualmente sono concentrati gli inquirenti ed al quale non avrebbero ancora trovato risposta.
Come rivela il portale Bergamonews.it, sono in totale 230 i campioni salivari raccolti da chi indaga al delitto di Colognola, tutti appartenenti a soggetti che avevano dei contatti con Daniela Roveri. Si tratta dunque di vicini di casa, frequentatori della palestra nella quale la manager era solita andare, ma anche colleghi della medesima azienda, la Icra Spa di San Paolo d’Argon, dove Daniela aveva svolto una lunga gavetta prima di ricoprire il ruolo di manager.
La novità attorno al giallo è rappresentata proprio da quest’ultima categoria, quella dei colleghi di lavoro, anch’essi sottoposti al prelievo per il necessario confronto. Nessuno si è rifiutato di sottoporsi al test, ad eccezione di un soggetto e che inizialmente avrebbe fatto scattare qualche lecito dubbio. Si tratta di un giovane residente nel palazzo accanto a quello nel quale si è consumato il delitto di Daniela Roveri ma che, successivamente, avrebbe cambiato ideale sottoponendosi anche lui al prelievo del Dna. Ad oggi, tuttavia, i confronti con il campione isolato sul cadavere della vittima non avrebbero avuto alcun esito apprezzabile.
In merito al possibile movente dietro il delitto di Daniela Roveri, da alcune settimane gli inquirenti starebbero seguendo con un certo interesse due piste in particolare: quella professionale e quella dei vicini di casa. In merito alla prima ipotesi, l’attenzione si era concentrata proprio sui documenti dell’azienda specializzata nella produzione di materiale refrattario e nella quale da anni lavorava la 48enne uccisa. Daniela si occupava in particolare della contabilità, ecco perché sono stati chiamati ad intervenire anche gli uomini della Guardia di Finanza di Bergamo per far luce sui conti dell’azienda.
Tuttavia, anche da questi nuovi controlli non sarebbe emerso nulla di sospetto o anomalo. Stando alla pista del vicino di casa, l’ipotesi è quella della possibile vendetta legata al posto auto di via Keplero. Un’ipotesi in parte azzardata in quanto non giustificherebbe l’enorme violenza con la quale sarebbe stata uccisa la Roveri ma che giustificherebbe invece l’approfondita conoscenza dei luoghi da parte del suo killer, che sarebbe fuggito senza lasciare nessuna traccia di sé, forse passando dai garage della palazzina o dal parco poco distante, certamente senza farsi notare né riprendere dalle telecamere di videosorveglianza della zona.