Ogni tanto si torna a parlare di loro, ma neanche così spesso come l’autentica guerra civile, la strage che ha fatto circa 150mila morti in dieci anni, imporrebbe. La guerra contro i narcos, i potentissimi trafficanti di droga messicani, si trascina con una violenza degna dell’Isis: giornalisti, membri di associazioni, sacerdoti, addirittura studenti massacrati tagliando loro la testa e le parti del corpo, appese poi nelle grandi strade della capitale messicana a monito. La cosa grave è che molti politici, soprattuto governatori di stato e amministratori locali, li proteggono e li sostengono guadagnandoci sopra. Un paese corrotto e apparentemente incapace di cambiare la situazione. Ma nonostante questo c’è chi una sua battaglia, fatta di gesti pacifici e di speranza, continua a farla, anche se sa benissimo che rischia ogni giorno di essere ucciso.



Uno di questi è Padre Alejandro Solalinde, candidato al premio Nobel per la pace e fondatore di un centro di accoglienza per migranti, che ha recentemente pubblicato un libro dal titolo che non necessita molte spiegazioni: “I narcos mi vogliono morto”, curato dalla giornalista di Avvenire Lucia Capuzzi. In questi giorni è stato a Roma ospite della comunità Sant’Egidio dove lo ha presentato. Sulla sua testa i narcos hanno messo una taglia da un miliardo di dollari. Durante il suo soggiorno a Roma, il sacerdote ha potuto incontrare anche il papa che gli ha detto: “Continui a lavorare con i migranti. So che non è facile. Ma continui”



Nel libro si leggono racconti terrificanti di tante persone che hanno avuto a che fare con i trafficanti di droga, soprattutto migranti provenienti dal sud del paese da altre nazioni e che cercano di entrare negli Stati Uniti, finendo spesso nelle mani dei narcos pur di sopravvivere o sequestrati per chiederne il riscatot in soldi. E di migranti parla il sacerdote con parole che valgono anche per noi europei, che come gli americani sembra sappiamo solo costruire muri: “Dai migranti ho imparato una cosa: non esistono persone meno importanti; ognuno di noi ha dentro di sé una grande storia d’Amore che merita di essere conosciuta”. 



”Stiamo vivendo un’epoca di grandi cambiamenti ma dobbiamo affiancare al progresso tecnologico un’apertura dei nostri cuori, sennò è tutto inutile. Cerchiamo insieme la voce di Gesù Cristo, che sognò un mondo, in cui gli uomini sarebbero stati uniti nella diversità” ha poi aggiunto. Era presente all’incontro anche il direttore di Avvenire Marco Tarquinio che ha sottolineato come tra Messico e Lampedusa la situazione non è tanto diversa: “i migranti divengono fonte di guadagno, senza alcun tipo di rischio per le attività criminali”.