NEW YORK — Speriamo che sia stato un incidente. Un incidente in una splendida giornata da estate inoltrata, con un cielo blu e luminoso come quello dell’11 settembre 2001.
Possiamo solo pregare per i poveracci coinvolti e pregare che sia solo un orribile incidente.
Pare che così sia. Lo dice Di Blasio, e per quanto a Di Blasio non creda più quasi nessuno dopo oltre tre anni da sindaco, oggi tutti vogliamo credergli quando ci dice che Richard Rojas, il ventiseienne fermato a Times Square, era solo un disgraziato intossicato, droga o alcohol che fosse. Una giovane ragazza morta, più di venti feriti, quanto gravemente non è ancora dato sapere.
Times Square: il centro del centro di New York, sempre affollato, pieno di turisti e vigilato giorno e notte dalla polizia. Noi la consideriamo la New York più fasulla, la carta moschicida su cui si appiccicano tutti quelli che vengono a visitare questa città. Quando mi trasferii in America, Times Square era ancora il cuore del quartiere a luci rosse, campo di battaglia di prostitute, papponi e spacciatori, tra un locale di spogliarello ed un porno shop. Fu Rudolph Giuliani a “bonificarla” trasformandola un po’ alla volta in quello che è ora: un circo equestre di luci, forme e colori, una Disneyland per bambini cresciuti. Una Disneyland per tutte le tasche. Ci puoi spendere fiumi di soldi o solo guardare. E quello è gratis. Ed è vero che ogni tanto anche noi andiamo a dare un’occhiata e a farci il pieno di luci, forme e colori, magari con la scusa di portarci qualche amico in visita.
Sui marciapiedi tra la 42nd e la 45th Street sulla 7th Avenue chi altro potrà esserci stato se non turisti a caccia di luci, forme e colori? 400mila persone al giorno, tutti col naso all’insù a guardare quelle fantasmagoriche immagini che sembrano sbucar fuori dalle pareti dei grattacieli come fossero mostri marini fuoriusciti da colossali onde.
Qui, poco prima di mezzogiorno, una vecchia Honda color amaranto è impazzita nelle mani di un uomo non presente a se stesso, saltando sui marciapiedi, vangandoli per due isolati e falciando grandi e piccini per poi schiantarsi contro le barricate che da tempo difendono il cuore della piazza. E prendere fuoco.
E’ dal 2009, Bloomberg sindaco, che una bella fetta di Times Square è chiusa al traffico e protetta da pilastri di acciaio. Non protetta abbastanza da impedire questo sanguinoso incidente. La tragedia si compie e l’ombelico del mondo all’improvviso si paralizza: scattano tutti gli allarmi rossi, si mettono in moto un’infinità di misure antiterrorismo nel tentativo di prepararsi a proteggere questa città assolutamente indifendibile da inimmaginabili pericoli. E tutti tratteniamo il respiro nella speranza che sia solo un brutto incidente, una di quelle cose che capitano chissà perché, ma soprattutto che capitano solo agli altri. Senza che ci sia bisogno di chiedersi perché un ventiseienne del Bronx, forse un veterano militare, a mezzogiorno di una splendida giornata estiva si ritrova stordito dall’alcohol alla guida di un’auto. Torniamo alle nostre cose, a Trump che tra poco apparirà in tv per rendere ragione delle sue ultime alzate d’ingegno, al nostro lavoro quotidiano e, fossimo qui da turisti, a Times Square con le sue luci, forme e colori. Rimossa la carcassa dell’Honda amaranto tutto sembra come prima. Speriamo che ci rimanga per un po’ nel cuore e nella mente che la vita è un dono.