Tre insegnanti per motivi di lavoro non possono stare accanto ai loro figli disabili come vorrebbero. Per questo hanno deciso di lanciare una petizione e di scrivere una lettera che sta commuovendo la Rete. Sono Carmen Milia, Nadia Pitruzzella e Mirella Costanza le tre insegnanti di Favara che vorrebbero avvicinarsi a Filippo, Benedetta e Luigi. Tutta colpa della mobilità: sono state, infatti, assegnate a scuole molto distanti dalla loro casa. Non sono valsi a nulla i tentativi di ottenere una sede lavorativa più vicina: per anni questa possibilità è stata loro negata. Nel frattempo è cresciuto il senso di colpa per i loro bambini, che avrebbero bisogno della loro presenza e assistenza. Hanno quindi messo nero su bianco la loro frustrazione, spiegando ai loro figli i motivi della loro assenza con una bellissima lettera.
«Amore mio, io non so se un giorno capirai mai quello che c’è scritto in questa lettera ma voglio scriverla lo stesso per dirti che la mamma ti ama moltissimo e che non c’è un solo giorno in cui io mi penta che tu sia venuto al mondo», scrivono le mamme nella loro dichiarazione d’amore per i figli, il cui coraggio rappresenta la forza nei loro momenti più difficili. Le regole vanno rispettate, ma non sempre sono giuste: «Anche mamma vorrebbe starti accanto e assisterti non lo può fare perché non mi permettono di lavorare vicino a te, perché non hanno capito che tu hai più bisogno di altri. La mamma insegna in un paese molto lontano da dove vivi tu e il ministero per cui lavora non fa nulla per farla avvicinare a te, anzi spesso ha peggiorato le cose».
La loro battaglia sta dando i primi risultati: nel parere al Testo Unico sul pubblico impiego che è nelle mani del Governo è stata inserita un’osservazione riguardante il personale con figli con gravi disabilità: in questi casi va assegnata la sede di servizio nel comune di residenza dei bambini o in uno limitrofo. «Voglio che tu sappia che la tua mamma ha continuato a lottare, a fare sentire la tua voce, finché l’Italia è tornata ad essere quel paese dei diritti di tutti», concludono le docenti.