Arriva ieri la conferma ufficiale di quello che da tempo si sentiva dire in certi ambienti: a Roma la prossima processione del Corpus Domini si farà domenica 18 giugno e non giovedì 15, cioè si farà la domenica come nel resto del paese e non il giovedì.

Potrebbe sembrare una notizia da bollettino parrocchiale e invece, essendoci di mezzo persone del calibro di Papa Francesco e di san Giovanni Paolo II, è una faccenda da prima pagina.



Tutto comincia quando Karol Wojtyla giunge in Vaticano. Siamo nel 1978 e all’approssimarsi della festa del Corpus Domini il Papa scopre che la “sua” processione con il Santissimo esposto — quella che faceva per le vie di Cracovia nonostante il regime comunista — si sarebbe svolta non per le vie della capitale ma per i vialetti della Città del Vaticano. Uno che avrebbe fatto cadere il muro di Berlino non poteva certo indugiare dinanzi al centrosinistra italiano e così ben presto la processione si trasferì dalle siepi vaticane ad un tracciato imponente che, bloccando piazza San Giovanni in Laterano, arrivava a santa Maria Maggiore chiudendo via Merulana e dintorni al già agonizzante traffico del centro nel pieno pomeriggio di un ansimante giorno feriale. Non uso toni drammatici: sono gli aggettivi che si impiegano quando si parla di qualcosa di simile a quelle processioni, cioè, per esempio, un corteo di protesta per uno sciopero generale. E tutto ciò accadeva mentre il resto cattolico d’Italia — e la stessa diocesi di Roma — spostava la solennità del Corpus Domini dal giovedì alla domenica successiva. 



Si va avanti così per circa trent’anni cioè fino a ieri, quando Greg Burke, il direttore della sala stampa vaticana, annuncia che si cambia tutto e si fa come fanno tutti gli altri, cioè si passa dal giovedì alla domenica.  Le motivazioni, dice, sarebbero due: “Vogliamo dare la possibilità ad un maggior numero di fedeli di partecipare alla cerimonia e, nello stesso tempo,  evitare i disagi che ogni anno la  processione creava al centro della città a causa della chiusura di via Merulana che collega le due basiliche, proprio nell’ora del rientro”.

Ora, è possibile che qualche monsignore possa credere vero che di giorno festivo ci sia più gente in processione: ma di certo chi abita a Roma sa che una domenica a metà di giugno i romani stanno al mare, ai castelli, in campagna, sui monti, insomma dappertutto tranne che nel centro della città. Che diventa infatti per poche ore vivibile, cioè deserto. Più ancora, sembra stranissimo che un Papa che ha fatto dell’antitrionfalismo e del disinteresse per i numeri una bandiera, sposti la cerimonia per far crescere la partecipazione che, secondo i giornali, sarebbe diminuita. Vivo a Roma dal 1986 e credo di essere uno dei pochi ad aver fatto quasi tutte le processioni e assicuro che la quantità di persone è stata sempre più o meno la stessa. Verissima invece, secondo la logica bergogliana, appare la seconda preoccupazione e cioè la squisita intenzione di Papa Francesco di togliere disagi a chi lavora e di rispettare la società civile, anche quella di chi non crede e che se trascorre un giovedì pomeriggio imbottigliato nel traffico certo non leva lodi al Cielo né esprime atti di adorazione a Cristo Eucarestia.



Non voglio giocare a “Bergoglio contro Wojtyla” ma non si può tacere il diverso rapporto con la società civile di questi due pontefici. Nella festa del Corpus Domini al centro della festa c’è Cristo eucaristico che vive nel nostro quotidiano: parlo di quel Gesù che è “Dio con noi” e che quindi non può che essere felice di un Papa che decide di stare attento ai disagi degli uomini, soprattutto a quelli che in processione non ci vogliono andare e che quindi sono fermi nel traffico.

Come Gesù guariva le persone di sabato senza aspettare il giorno dopo, così Papa Francesco decide che adorare Dio oggi significa stare attenti ai particolari della vita anche di chi in Dio non crede e che si lamenta dell’invadenza clericale di una festa cristiana da cui si sente lontano. Forse così, con la processione tolta dal giovedì a bloccare il traffico, se dovesse sentir parlare di un Dio fatto carne che cammina con l’uomo magari non arriverebbe lo stesso a credere in Dio, però potrebbe sentire credibile il cristiano che Lo festeggia: perché quel cristiano sta attento alle persone nella sua normale vita quotidiana.