Il clamore attorno alla Blue Whale non accenna a diminuire, come dimostrato dalle notizie che si rincorrono ormai da oltre una settimana. Dopo i tre casi individuati a Pescara fortunatamente in tempo, e che avrebbero coinvolto nuovi adolescenti attratti nella trappola del “gioco” del suicidio, si sta cercando di capire quanto di fatto questo fenomeno si sia radicato nel nostro Paese ed i numeri emersi sono sconcertanti. “Stiamo indagando su circa 40 segnalazioni”, ha riferito Elvira D’Amato, vice questore aggiunto e membro del pool della Polizia postale che indaga sulla Blue Whale. L’agente ha risposto alle domande di Quotidiano.net rivelando come potenzialmente i casi potrebbero essere molti di più. Alcune segnalazioni, infatti, si riferirebbero a più persone, addirittura ad un’intera scolaresca: “C’è stata un’impennata negli ultimi giorni anche grazie ai media. Le segnalazioni sono molto diverse tra loro, stiamo indagando per verificare quanti falsi positivi e casi di emulazione del gioco ci sono. Non è detto che tutti portino al Blue Whale”, ha però chiarito. A livello internazionale, si sta agendo in collaborazione con Europol e Interpol: “Per fortuna abbiamo dei canali diretti con Facebook, Twitter e altri importanti social network. Anche in questo caso chiediamo loro i log per identificare in tempo reale gli utenti”, ha chiarito. Poi ha lanciato un appello ai genitori affinché controllino costantemente cosa fanno i propri figli online e se hanno segni di autolesionismo sul corpo.



Il caso Blue Whale, venuto alla ribalta poco più di una settimana fa grazie ad un interessante quanto inquietante servizio proposto dalla trasmissione Le Iene, continua ad essere al centro della cronaca. Il “gioco” del suicidio diffuso sul web e che avrebbe portato ad oggi ad oltre 150 vittime tra giovanissimi, scuote per la sua violenza ma soprattutto per l’incomprensibile coinvolgimento di molti ragazzini spinti all’autolesionismo estremo, fino alla loro morte. Cinquanta livelli che culminerebbero tutti con la richiesta del curatore alla vittima del “gioco” della Blue Whale di lanciarsi da un palazzone mentre un amico filma i suoi ultimi istanti di vita. Nella drammaticità delle numerose notizie finora emerse e che parlerebbero anche di vittime italiane, alcune delle quali sfuggite fortunatamente alla morte, c’è chi però sostiene che dietro il clamore suscitato nei giorni scorsi dal servizio choc della trasmissione di Italia 1 possa in realtà nascondersi l’ombra della bufala, la classica “fake news”.



E’ quanto sostenuto da un articolo del Corriere.it a firma di Lorenzo Fantoni e che ad oggi ha avuto oltre 15 mila condivisioni solo su Facebook ma che rischia di non dare la giusta informazione sulla Blue Whale, sui rischi e sulle conseguenze a scapito di giovanissimi. A tal fine, Matteo Viviani, inviato de Le Iene e che la scorsa settimana aveva realizzato l’importante servizio riproposto integralmente anche nella serata di ieri, ha voluto fare maggiore chiarezza sul terribile fenomeno diffuso online e che nella sola Russia ha già seminato decine e decine di giovani vittime. Ha smentito che dietro le testimonianze raccolte – tra cui anche i genitori in lacrime di alcuni ragazzi suicidatisi per colpa della Blue Whale – possa esserci un elemento di menzogna ed a tal proposito ha voluto intervistare Elisabetta Mancini, primo dirigente Polizia di Stato – Direzione anticrimine.



La Blue Whale esiste davvero o si tratta esclusivamente di una bufala, come invece sostenuto dal giornalista del celebre quotidiano? A fornire una risposta al quesito è stata la rappresentante della Polizia di Stato che ha risposto a Viviani asserendo come le segnalazioni giunte dopo la messa in onda del primo servizio de Le Iene indicherebbero che alcuni adolescenti sarebbero stati irretiti dal macabro “gioco” della morte. Mancini ha ricordato il caso più grave avvenuto nel nostro Paese e relativo ad una ragazzina di 13 anni e che, giunta al “50esimo giorno di questa follia”, avrebbe dichiarato che la sera si sarebbe tolta la vita, come prevede il ‘protocollo’ della Blue Whale. Ora la ragazzina, sfuggita alla morte, si trova ancora in ospedale. Un altro papà si sarebbe invece rivolto alla Polizia in quanto, grazie al servizio trasmesso, si sarebbe accorto di alcune stranezze, a partire dai segni sulle braccia del figlio, “forme di autolesionismo”, chiedendo aiuto. In un’altra occasione sarebbe stato l’amico di una potenziale vittima ad accorgersi che c’era qualcosa che non andava ed impaurito avrebbe allertato la Polizia.

Nel dramma, sarebbero fortunatamente emersi anche alcuni aspetti positivi, ovvero il fatto che alcuni ragazzi farebbero da “sentinella” rispetto ai primi segnali emersi e anche il fatto che alcuni insegnanti avrebbero parlato in aula della Blue Whale mettendo i giovani studenti al corrente dei pericoli di questo folle gioco. “E’ un bene parlarne”, ha chiaro il primo dirigente della Polizia che ha dato alcuni consigli su come intervenire tempestivamente in vista di possibili segnali legati a questo argomento. “Si deve rivolgere alle Forze di Polizia se esiste un allarme. Vedere se ci sono dei segni fisici strani, controllare i post sui social condivisi dai nostri figli in rete”, ha spiegato Elisabetta Mancini. Il consiglio è anche quello di provare a parlarne con lo stesso ragazzo e in caso di una sua negazione rivolgersi immediatamente alla Polizia. In merito a chi invece continua a sostenere che la Blue Whale sia solo una bufala, la rappresentante della Polizia ha commentato: “Il vero pericolo è pensare che il pericolo non esiste”. Clicca qui per vedere il video de Le Iene e l’intervista alla Polizia.