Una mamma ha compiuto un gesto di generosità estrema: ha donato il 60% del suo fegato alla figlia con una gravissima insufficienza epatica. Spinta dalla forza dell’amore per sua figlia e dalla consapevolezza che non potrebbe vivere senza lei, Benedetta Visconti dodici giorni fa è entrata in sala operatoria si è sottoposta all’intervento chirurgico. Due équipe hanno eseguito contemporaneamente gli interventi, quello per il prelievo e poi il trapianto. Mamma Benedetta è stata in sala operatoria per quattro ore, sua figlia Barbara invece il doppio. La ragazza non ha potuto nulla per evitare il sacrificio della madre.



«Me l’ha tenuto nascosto fino alla fine: tutti gli esami per capire la compatibilità immunologica e morfologica li ha eseguiti di nascosto. Senza mai dirmi nulla». Barbara era in lista d’attesa per un trapianto da cadavere, ma si era aggravata al punto tale da rischiare la vita. «Me l’ha ridata lei, per la seconda volta». I medici hanno studiato la compatibilità, dal punto di vista genetico e anatomico, constatando che poteva essere la soluzione ideale. Non sono mancati i rischi, anche l’impatto psicologico non è da sottovalutare, tanto è vero che è stato necessario anche il via libera di un giudice. Ora Barbara ha ritrovato la speranza.



Anche il Niguarda ha tagliato un traguardo importante: ha raggiunto i cento trapianti di fegato da vivente. Il primo è avvenuto il 16 marzo 2001: all’epoca un figlio 32enne ha donato il fegato al padre sessantenne. Non c’era legge che disciplinava la materia, quindi è stato necessario il via libera dell’allora ministro della Salute, Umberto Veronesi. «Non mi dimenticherò mai la telefonata con Veronesi, alle 9 di sera. Ci chiede più informazioni sul caso arrivato sulla sua scrivania. E aggiunge: ve la sentite? Il giorno dopo è tutto pronto nelle due sale operatorie», ha ricordato Luciano De Carlis, alla guida della Chirurgia dei trapianti, al Corriere della Sera.

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