Tra i principali candidati vescovi per l’area Sud alla prossima Presidenza Cei, in votazione da questa mattina, il nome circolato spesso in questi giorni tra gli ambienti vaticani è quello di Monsignor Filippo Santoro, Arcivescovo Metropolita di Taranto. Un prete da strada, missionario e che ha costruito una seconda carriera ecclesiastica in Italia con la lunga esperienza presso l’Arcidiocesi di Taranto. Nasce a Carbonara, quartiere di Bari, Il 20 maggio 1972 è ordinato presbitero per l’allora arcidiocesi di Bari e Canosa, ricoprendo il ruolo di direttore dell’Istituto Superiore di Teologia di Bari. Nel 1975 si laurea in filosofia all’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, ma è nel 1984 che avviene la prima svolta per Monsignor Santoro: su richiesta del cardinale Eugênio de Araújo Sales, arcivescovo di Rio de Janeiro, don Luigi Giussani gli chiede di partire per il Brasile come prete missionario, ottenendo l’approvazione dell’arcivescovo di Bari. Una figura importante e ancora “giovane” rispetto ai canoni dei vescovi e cardinali nella Chiesa Italiana. La nomina della terna da presentare a Papa Francesco potrebbe dunque presentare anche il suo nome, negli ultimi anni molto stimato dal Vaticano per il suo costante ruolo di sacerdote e vescovo vicino alla gente e ai lavoratori.



«Vorremmo stimolare il governo a dare  priorità alla questione del Mezzogiorno. Se cresce il Sud, lo sappiamo, cresce tutta l’Italia. Non è possibile un cammino di crescita del Paese in cui la forbice si allarga anziché restringersi», scriveva pochi giorni fa Mons.

Santoro durante il convegno nazionale di Retinopera a Rima. Presidente della Commissione episcopale Cei per i problemi sociali e il lavoro nonché del Comitato scientifico e organizzatore delle Settimane sociali, ha poi fissato i principali saldi della mandato vescovile, molto prossimi alla linea bergogliana: «il rapporto tra famiglia e lavoro, la disuguaglianza salariale tra uomini e donne, la distanza da ridurre tra il sistema scolastico e il mondo del lavoro, la necessità di facilitare il sistema della piccola e media industria, una formazione che dev’essere orientata a sbocchi lavorativi, magari educando a essere polivalenti», riporta l’AgenSir. 



L’arcivescovo che ha fatto dei suoi Sì e della sua obbedienza una intera carriera ecclesiastica: Mons. Filippo Santoro, potrebbe davvero essere lui uno dei principali candidati a finire nella “terna” da consegnare a Papa Francesco per il prossimo successore di Angelo Bagnasco alla guida della Cei. Stimato dall’ala “conservatrice” e da quella più vicina al Papa, il Vescovo di Taranto ha un passato da missionario in Brasile che lo ha consacrato come prelato di quelle “periferie” tanto amate da Bergoglio. «È bastato un sì per partire alla volta del Brasile. È bastato un altro sì per tornare, destinazione Taranto», con questa breve spiegazione Santoro raccontava nel 2012 la sua fede come continua obbedienza a Cristo e alla Chiesa. Uno dei primi preti affascinati dal carisma di Don Luigi Giussani, fondatore del Movimento di Comunione e Liberazione, fu proprio da lui invitato nella missione in Brasile in mezzo alle favelas e alla povertà più estrema.



Fu poi invece un altro tipo di “Sì” che lo richiamò in Italia, un invito di Papa Benedetto XVI che lo voleva nominare Arcivescovo di Taranto per provare a dare una nuova luce di fede e testimonianza anche al sud Italia. Rispetto alle richieste di Giussani e Ratzinger, Monsignor Filippo Santoro non potè dire di “no”, per un semplice ma solidissimo motivo: «Sentivo che in quell’invito “strano” era in ballo il “sì” al Signore, a un disegno più grande del mio e quindi non ci ho pensato un attimo. Come potevo non accettare una proposta di una persona che voleva il bene della Chiesa?».